deadellipaoli

24 mag 2022

PARLIAMONE

Alla luce di recenti cronache e alle porte della Festa della Repubblica italiana, sorge qualche spunto di riflessione.

Art. 1 Cost.: democrazia, lavoro, sovranità.

Art. 3 Cost.: pari dignità sociale, uguaglianza senza distinzioni.

Era il 1945, quando, dopo l’assenso del Consiglio dei Ministri, il voto venne dato alle donne con almeno 21 anni. Era il 1946, quando, a partire dal decreto n.74, le donne italiane con almeno 25 anni ottennero il diritto all’elettorato passivo, in tempo per le prime elezioni amministrative e politiche di quell’anno. Ed ecco come la democrazia italiana, figlia dell’acclamato referendum del 1946, con il primo suffragio universale, segnò la svolta.

Da qui in avanti, apparve naturale pensare la Costituzione del ’48 come legittima custode della Repubblica.

Fatto sta che la Repubblica democratica fondata sul lavoro, all’atto pratico, si dimentica troppo spesso di quanto spetterebbe ai suoi lavoratori non emeriti.

Ma, vuoi perché afflitti dalla crisi, affranti dall’IVA, distrutti dall’aumento del prezzo della pasta, vuoi perché i lavoratori italiani, sia in bianco, che in nero, sono stati cresciuti dal credo del “c’è chi sta peggio”, si sorvola il dissentire, e si va avanti. E poi, come direbbe la Franchi, alle lavoratrici restano pur sempre da contare i giri di boa in attesa dell’agognata pari dignità sociale.

La verità è che ci abbassiamo a dialogare tutti i giorni col facile equivoco dell’inferiorità femminile, col buonismo a tutti i costi, con la paura dell’inclusione, e che nel farlo assistiamo alla perdita di cultura e coscienza che porta allo svuotamento del concetto stesso di diritto.

Ma d’altra parte noi italiani facciamo rumore per due cose: lavoro e caffè, l’uno per amicizia e l’altro per cortesia.

Quindi, in buona fede e in compagnia, non ci rimane che attendere qualcuno che prima o poi farà scalpore per aver di che parlare. Nel frattempo…ti va un caffè?

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