Recentemente sono stati pubblicati i risultati di alcuni importanti studi clinici riguardo a un nuovo promettente vaccino contro la COVID-19, prodotto dall’azienda farmaceutica Novavax.
La particolarità del vaccino Novavax è che utilizza come adiuvante (componente in grado di aumentare l’efficacia del principio attivo) una sostanza di origine interamente vegetale, infatti questa viene ricavata da un albero cileno chiamato Quillaja saponaria. Dalle foglie e dalla corteccia di questo albero si estrae e si purifica una combinazione di saponine, detta QS-21, che viene poi utilizzata come ingrediente per il vaccino.
L’utilizzo di sostanze di origine vegetale all’interno di prodotti farmaceutici come i vaccini non è una novità, seppur sia una scelta di ingredienti piuttosto rara; per esempio, queste stesse saponine vengono utilizzate nel vaccino Shingrix, ideato per proteggere le persone dall’infezione da Herpes zooster.
La notizia che all’interno di un candidato vaccino contro la COVID-19 possa esserci qualcosa di “naturale” va in contrasto con molte fuorvianti ideologie secondo le quali i vaccini contengano pericolose sostanze “chimiche”. Infatti, NON è mai l’origine di una materia prima a farne la qualità, in termini di efficacia e sicurezza.
Gli ingredienti destinati ad essere utilizzati per creare farmaci, cosmetici e prodotti ad uso alimentare possono essere naturali, di completa creazione in laboratorio, ma anche una via di mezzo. La filosofia del “naturale” è spesso, però, una vera e propria strategia di marketing che fa leva sulla paura del “chimico”. Il fatto che una sostanza provenga dalla natura non ci dà neppure informazioni sull’impatto ambientale che potrebbe avere.
Gli unici strumenti che ci permettono di misurare la qualità di un prodotto sono gli studi scientifici fatti su una determinata sostanza.
Naturale non è sinonimo di sicuro, naturale non è sinonimo di ecosostenibile.
Quanto il concetto di "naturale" influenza le tue scelte?
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