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Capital Requirement


“Il mercato assicurativo dà grande sicurezza alle ricchezze economiche dei privati cittadini [..]. Per dare questa sicurezza, bisogna che gli assicuratori dispongano di un ampio capitale.” Così scriveva Adam Smith più di due secoli fa, indicando già a quel tempo le necessità di un assicuratore per poter operare sul mercato correttamente.

Il rischio di default è un pericolo che nessuna società vuole fronteggiare: l’onda d’urto del fallimento, che si propaga naturalmente, cresce a dismisura quando in gioco ci sono pensioni o risparmi di una vita. Volendo garantire questi beni, gli assicuratori oltre a versare i premi in delle apposite riserve, volte a coprire gli impegni futuri già sottoscritti, devono detenere un ulteriore ammontare di capitale per coprirsi da aleatorietà inattese.

Per oltre 30 anni e fino al 2015, il requisito di capitale per una compagnia assicurativa, operante all’interno dell’UE, era determinato seguendo la normativa Solvency I. In sostanza, il Capitale detenuto doveva essere superiore ad un determinato “margine di solvibilità”. Per l’assicurazione vita tale margine constava di una percentuale delle riserve. Invece, per il settore danni veniva preso il maggiore tra una porzione dei premi e una percentuale dell’onere medio dei sinistri liquidati. Questa normativa pur avendo il pregio della semplicità, mostrava evidenti limiti: il capitale non teneva conto dell’andamento finanziario, ovvero di uno dei maggiori rischi esistenti per le compagnie assicurative.

Dopo un percorso lungo più di 10 anni, la normativa Solvency II è entrata in vigore nel gennaio del 2016, rivoluzionando i criteri per garantire maggiore solvibilità. Tale normativa pone l’obbligo di valutare tutti i possibili rischi che possono condizionare l’andamento aziendale, in un orizzonte temporale di un solo anno e con una copertura del 99,5% dei casi (accettando una probabilità di default di un’azienda su 200).

Il mondo però non è così facilmente prevedibile e i cosiddetti cigni neri, come la crisi del 2008, ne sono la prova. Riuscirà tale normativa ad evitare le insolvenze anche a seguito dell’attuale pandemia?




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