Autore: #LorenzoCantarutti
A causa dell’attuale emergenza sanitaria il calo dei tassi occupazionali in Italia nel secondo trimestre del 2020, ovvero tra aprile e giugno, è stato drammatico. Abbiamo infatti assistito a un taglio di 841 mila impieghi negli ultimi mesi, ma quali sono state le categorie maggiormente colpite dalla pandemia?
Se con il blocco dei licenziamenti e gli ammortizzatori sociali si è mirato a mantenere stabili le soglie occupazionali, la sospensione delle attività economiche ha inevitabilmente compromesso la struttura del mercato del lavoro. Tra le categorie più compromesse, vi sono i dipendenti a termine i quali hanno subito un calo di oltre 677 mila unità, un crollo del 21,6%. Circa 428 mila contratti a termine dei suddetti non superavano i 6 mesi di durata.
I settori maggiormente colpiti da queste circostanze, non a caso, sono stati proprio quelli dove le prestazioni a termine sono più diffuse, ovvero il commercio, alberghiero e ristorazione. Il primo, suddiviso in attività all’ingrosso e al dettaglio, ha avuto una riduzione del tasso occupazionale circa intorno al 6%, mentre molto più drammatico è stato il calo che ha coinvolto i mondi della ristorazione e del settore alberghiero, rispettivamente per 13 e di 28,3 punti percentuali.
Ovviamente, i lavoratori più interessati in questo processo sono stati i giovani con età compresa tra i 15 e 34 anni, i quali, solitamente soggetti con contratti a termine, trovano spesso impiego nei settori di ristorazione e alberghiero. L’impatto a livello territoriale è stato disomogeneo: la disoccupazione è aumentata principalmente al sud Italia. Questo è dato anche dal fatto che nelle regioni meridionali i contratti a termine coprono un peso maggiore rispetto alle regioni del nord e centro Italia.
La crisi occupazionale, causata dall’emergenza sanitaria, ha avuto effetti più duri sulle categorie di persone più sensibili del tessuto sociale. Quanto questo andrà ad incidere sul divario, già esistente, nel nostro paese?
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