Autore: #GiuseppeLupis
La pandemia ancora in corso ha influenzato incredibilmente i mercati finanziari di tutto il mondo, dal crollo del casalingo FTSE MIB al peggior risultato dal 1987 del noto S&P 500 registrato a marzo, mese particolarmente influenzato da grande volatilità dei mercati. Un tale evento porta sempre a conseguenze più o meno catastrofiche, è ben noto a operatori finanziari e non. Tuttavia, è chiaro, prevenire è meglio che curare, e pertanto investitori istituzionali e non solo prediligono in un periodo di forte crisi tutelarsi con strumenti ad hoc, come i derivati, o investimenti commisurati al proprio profilo di rischio-profittabilità .
Ed ecco che in questo frangente pare emergere la potenzialità degli ETF, acronimo di Exchange-Traded Fund, ovvero fondi di investimento quotati in borsa e pertanto differenti dai tipici fondi di investimento, meno dinamici poiché non scambiati durante tutto il giorno, ma solo alla fine.
Sono assets particolarmente apprezzati in quanto fondi indicizzati, in grado quindi di godere di una certa stabilità (se usati correttamente). Questa è la ragione per la quale, dati alla mano, gli ETF hanno mostrato di gran lunga una migliore performance rispetto ad altri strumenti quali Stocks ed Equities. Inoltre, essendo strumenti a gestione passiva risultano particolarmente convenienti rispetto ad assets similari ma a gestione attiva (costi rispettivamente, in media, pari a 0.50% e 2.50%).
Nel mese di marzo è stato raggiunto il picco di ETF scambiati e, nota più di rilievo, a discapito di un ingente volume in azioni (deflusso stimato a 27 miliardi di dollari). Cosa possiamo dedurre? Il sentiment dei mercati si è spostato su un profilo meno rischioso.
Tuttavia, è bene specificare che non tutti gli ETF sono stati accolti positivamente. I cosiddetti ESG hanno riscontrato un rilevante risultato, mentre nell’ambito azionario e obbligazionario, al netto, si è registrato un deflusso, anche se inferiore rispetto ad altri assets.
Che sia il momento di rivisitare le politiche di gestione di investitori istituzionali e non solo, verso mercati più sostenibili?
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