Autore: #MatildeBocci
Nate nel 1935 come decongestionanti nasali, le amfetamine nel secolo scorso erano considerate dagli americani come la panacea per tutti i mali: dalla depressione alla narcolessia, come anoressizzanti e come ‘energy pills’ usate durante la Seconda guerra mondiale per far rimanere concentrati i soldati. Oggi il loro utilizzo riguarda solo il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) e la narcolessia.
Mentre in Italia sono comunque poco utilizzate, è stato stimato che gli Stati Uniti sono responsabili di ben l’83,3% del volume globale dei trattamenti per l’ADHD!
I loro effetti sono dovuti alla loro somiglianza con le catecolamine, come l’adrenalina, famiglia di neurotrasmettitori che regola molte funzioni. L’intensificata trasmissione catecolaminergica è la ragione dell’efficacia delle amfetamine nell’ADHD e nella narcolessia, ma è anche la causa dei suoi maggiori effetti avversi e della predisposizione all’abuso.
Il fatto strano è che oltre all’utilizzo come droghe per “divertirsi”, sono usate dagli studenti dei college americani per rimanere più concentrati e migliorare i propri risultati. Prendendole da amici a cui sono state prescritte per l’ADHD oppure illegalmente, il loro utilizzo viene giustificato dal fatto che sono usate per studiare meglio.
In realtà non ci sono evidenze che dimostrino che le amfetamine aumentano la memoria o le capacità intellettive, anzi la performance cognitiva migliora solo se i livelli sono già bassi (come nell’ADHD) perciò spesso l’effetto in realtà è placebo. I loro effetti avversi sono dipendenza, anoressia, insonnia, nausea, vomito, aumento della pressione e battito cardiaco, episodi psicotici.
La legalità di un farmaco per specifici trattamenti può portare una persona a sottovalutare i suoi effetti e prenderlo a cuor leggero?
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