Autore: #IlariaDiCristo
Il mio allenamento inizia con 8 minuti di tapis roulant, in questi 8 minuti devo senz’altro caricarmi per affrontare l’allenamento vero e proprio e, al contempo, scaricarmi di energie negative (stress accumulato e rabbia repressa durante la giornata). Converrete con me che, per fare ciò, è opportuno trovare la giusta colonna sonora. È una questione molto soggettiva: c’è chi lo fa, ad esempio, ascoltando pezzi di musica house che ci vengono ciclicamente proposti in discoteca, altri vanno di musica metal, una mia amica addirittura si carica con le canzoni di Ermal Meta!
Io ho trovato il giusto compromesso fra i generi che ascolto maggiormente nel corso della mia giornata: il rap. E sono riuscita anche a trovare il pezzo che mi è da subito sembrato adatto allo scopo, ossia la ventesima traccia del Machete Mixtape vol. III “Battle Royale”, dalla durata di otto minuti e trentasette secondi.
Nonostante vi siano nel mezzo i rapper che amo di più in assoluto, primo fra tutti Salmo, e che, come scrivevo poc'anzi, il pezzo sia utile allo scopo non solo per la coincidenza di durata ma soprattutto per come riesce a caricarmi, non ho potuto fare a meno di notare alcune espressioni riguardanti l’universo femminile che mi hanno fatto un po’ storcere il naso. Frasi come, cito testualmente “la tua tipa la illumino col luminol”, “ho visto la tua tipa, ha i buchi aperti come il chakra, è così vacca che in India la fanno sacra”, “la tua ex ragazza è ancora vergine” “’ste tr**e sono cagne, non le svergino, le svermino” sono solo alcuni esempi che, aggiunti a molti altri anche peggiori che ascolto quotidianamente, mostrano chiaramente come questo genere dipinga la donna nei suoi testi: un oggetto (sessuale) nelle mani degli uomini, utile agli stessi per affermare la loro supremazia rispetto ad altri uomini.
Frasi come queste mi hanno inevitabilmente portato a fare alcune riflessioni: è possibile accettare o, per meglio dire, sorvolare su alcune frasi dal forte contenuto, per usare un eufemismo, in nome dell’arte o della libertà di espressione? Frasi di tal fatta e genere rap in che rapporto stanno? Esiste una ragione plausibile in grado di dare una giustificazione, o quantomeno una spiegazione, a questa misoginia ricorrente nei testi rap, o più in generale, nell’hip hop?
Gli studiosi hanno cercato di dare diverse spiegazioni alla misoginia presente nei testi rap. In primis ciò che è venuto fuori è che i rapper spesso tendono ad utilizzare immagini altamente sessiste e, a volte, addirittura violente nei confronti delle donne per affermare la loro virilità e, ancor di più, la loro supremazia. Analizzando i testi è venuto fuori come ve ne sia una percentuale del 22%-37% dal contenuto misogino; in particolare sono venuti fuori 6 temi ricorrenti del rap misogino:
1. Dichiarazioni peggiorative delle donne in relazione al loro genere;
2. Dichiarazioni che collegano certe azioni viziose alle donne, specie attinenti alla sfera sessuale;
3. Descrizioni di donne viste come un “problema” per l’uomo;
4. Donne viste come dei semplici “utenti” per gli uomini;
5. Donne classificate come esseri inferiori agli uomini;
6. Donne viste come qualcosa da usare e gettare dagli uomini.
Associare ritratti iper mascolini di sé stessi e rappresentare in maniera ostile le donne torna loro utile anche per rimarcare la loro autenticità come rapper, non correndo il rischio di essere visti come “soft” e “fake” dall’opinione pubblica.
È stato messo in luce come la musica rap sia prodotto dell’ambiente in cui è nata e quindi rifletta atteggiamenti che possono essere definiti tradizionali nei confronti delle donne che hanno portato gli artisti rap a interiorizzare stereotipi negativi nei confronti delle stesse. L’accademico Elijah Anderson associa il trattamento delle donne nella cultura hip hop con la difficile relazione uomo- donna riscontrabile nelle “Inner city” e nelle comunità Latine. Conducendo uno studio etnografico nell’Inner city di Philadelphia, Anderson ha riscontrato come i giovani appartenenti a questi quartieri tentino di aumentare la loro autostima e il loro status sociale umiliando e sfruttando le donne, in questo modo, afferma Anderson “maggiore è la loro considerazione all'interno del gruppo dei pari”.
Dietro questa patina di misoginia è rinvenibile senz'altro un incentivo di tipo commerciale: l’hip hop è nato come forma d’arte prodotta dalla classe operaia, in particolare, dalla gioventù povera afroamericana e portoricana che, nel momento in cui si è trasformata in un prodotto di consumo globale, ha influenzato anche per quanto riguarda il modo in cui tratta le donne. Durante gli anni ’90 i discografici spinsero gli artisti hip hop a scrivere testi più violenti e offensivi nei confronti delle donne su spinta del pubblico stesso. È emerso come in questo periodo la crescente commercializzazione dell’hip hop per un pubblico in gran parte bianco vada di pari passo con l’oggettivazione delle donne di colore sia nei testi che nei video. Margaret Hunter nel 2011 evidenzia come questo fenomeno non sia solo una questione sessuale ma anche razziale: rafforzando certe narrative nei confronti delle donne afroamericane e latine, contemporaneamente si ha una sorta di protezione simbolica della donna bianca dovuta ad un’assenza di rappresentazioni della stessa. Alcuni ritengono che, in realtà, la misoginia è sempre stata insita nel genere hip hop, solo che ora viene fuori maggiormente essendo il genere diventato mainstream, specie in America dove, come afferma la direttrice di Vibe, Serena Kim “ora ogni bambino è esperto di hip hop”. Molti studiosi, al contrario, sostengono che la misoginia nella cultura hip hop non sia altro che lo specchio della misoginia presente nella cultura americana in generale, specie in relazione ad alcuni valori considerati tradizionali che influenzano pesantemente i ruoli di genere.
C’è da dire poi che il genere hip hop è tradizionalmente dominato dagli uomini, motivo per cui negli anni è risultato sempre più difficile tracciare una distinzione tra autenticità di genere e mascolinità tossica. Ciò, perdipiù, ha creato delle barriere neppure troppo immaginarie di ostilità nei confronti di artiste donne che si sono affacciate a questo genere, difatti alcuni critici hanno evidenziato come le interpreti femminili per fare successo in questo campo, ovverosia per essere commerciabili nell’hip hop, dovessero soddisfare un’immagine fortemente sessualizzata e maschile, come veniva loro richiesto da alcuni dirigenti e produttori. A complicare il quadro si è aggiunto, come messo in luce dalla femminista Robin Roberts, il fatto che alcune artiste sono diventate facile bersaglio di misoginia anche per alcuni loro testi, ad esempio Nicki Minaj con “Stupid Hoe”.
È necessario porre l’attenzione sulla misoginia insita nei testi hip hop e rap soprattutto perché si rivolge ad un pubblico sempre più giovane. Uno studio condotto da Ruby Gourdine e Brianna Lemmons dal nome “Perceptions of misogyny in hip hop and rap: what do the Youths think?” ha cercato di comprendere come i giovani appartenenti ad una fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni percepissero la misoginia da ascoltatori assidui di questo genere musicale. Lo studio ha prodotto questo risultato: più giovani sono gli ascoltatori (18-20 anni) meno riescono a percepire la misoginia/violenza presente nei testi; più “maturi” sono gli ascoltatori (21-24 anni) più sono in grado di percepirla e quindi in grado di dissociarsene non identificandosi con essa. Una possibile soluzione, secondo le due ricercatrici, sarebbe quella di monitorare l’ascolto dei più giovani in termini di quantità di tempo.
Personalmente mi sento di condividere solo in parte questa conclusione e spiego anche perché.
Se da un lato è opportuno far sì che i più giovani non rimangano passivi dinnanzi a ciò che ascoltano facendo anche inconsapevolmente propri alcuni stereotipi negativi nei confronti delle donne, che sono da condannare assolutamente, dall'altra sarebbe ingiusto condannare per questo motivo un intero genere, che porta con sé un background culturale importante, censurandone in toto l’ascolto, soprattutto alla luce del motivo per il quale i giovani lo prediligono rispetto ad altri generi: è in grado di rappresentarli in tutti gli aspetti della loro vita, nei loro problemi, nell'amore, anche talvolta nel loro disprezzo verso qualcuno o qualcosa attraverso un linguaggio diretto e senza fronzoli che è in grado di rafforzare alcuni concetti rendendoli, al contempo, comprensibili ai più.
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