Se anche voi fate parte della categoria di coloro che necessitano di almeno una tazza di caffè per iniziare la propria giornata, allora forse avrete già sentito parlare di Illycaffè, società italiana che, dal 1933, ha saputo distinguersi tra i produttori di caffè per la qualità dei suoi prodotti.
Nei giorni scorsi la società è tornata alla ribalta per aver ricevuto la certificazione di “Benefit Corporation”, ovvero l’attestato di azienda capace di creare valore tanto per gli azionisti quanto per l’ambiente e per le comunità locali.
Nonostante la cattiva nomea del settore di “produzione del caffè” (dal punto di vista ambientale e sociale), la conquista di questa certificazione da parte di Illy non ha di certo stupito gli addetti ai lavori. Infatti, l’azienda triestina è sempre stata promotrice di valori sociali: negli anni ’80 fu, ad esempio, tra le prime società produttrici di caffè ad investire in Sud America per il pagamento di un prezzo equo alle comunità locali.
Questa iniziativa, seppur particolarmente dispendiosa dal punto di vista economico, permise a Illy di sia ottenere una posizione di prestigio nel mercato della torrefazione che di porre le basi per entrare a far parte del circuito delle B Corp.
Produzione di caffè e sostenibilità possono dunque andare d’accordo? Oppure il caso di Illy resta un esempio isolato di responsabilità sociale d’impresa?
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