Come periodicamente accade in Italia – a dimostrazione dell’urgenza di una regolamentazione più attuale ed inclusiva – torna a riproporsi con ampia risonanza il tema della riforma della cittadinanza: lo scorso 29 giugno, a Montecitorio, è approdata la proposta di legge in materia di “Ius scholae”, presentata dal deputato M5S Giuseppe Stella ed il cui testo è stato elaborato da Hilarry Sedu, Gherardo Colombo, Amin Nour e Gabriella Nobile, accomunati dalla speranza che il diritto alla cittadinanza possa essere riconosciuto sulla base di un dato esperienziale piuttosto che biologico.
Lo Ius Scholae prevede l’acquisizione della cittadinanza italiana da parte del minore straniero che sia nato in Italia o vi abbia fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età e che risieda legalmente in Italia, qualora abbia frequentato regolarmente e con profitto, per almeno cinque anni, uno o più cicli scolastici o che abbia conseguito una qualifica professionale. È inoltre necessario che – in presenza dei suddetti requisiti – entro il compimento della maggiore età dell’interessato, un genitore legalmente residente in Italia o chi esercita la responsabilità genitoriale, renda al Comune di residenza del minore una dichiarazione di volontà; altrimenti può farlo autonomamente il figlio entro due anni dal compimento della maggiore età.
I primi segnali di approvazione della riforma sembrano coinvolgere trasversalmente le diverse forze politiche del Pese, ad eccezione delle correnti di centrodestra che, sul punto, hanno espresso opinioni divergenti; tuttavia, per una volta, come suggeriscono gli stessi ideatori del testo di legge, sarebbe il caso di astrarre il dibattito dal terreno bellico della politica e focalizzare l’attenzione sul valore intersezionale del diritto alla cittadinanza: il possesso o la privazione dello status di cittadino\a italiano\a incide profondamente sul vissuto dei minori stranieri, ne influenza la socializzazione e la partecipazione alla vita pubblica e li espone ulteriormente a fattori di vulnerabilità e discriminazione, che ostacolano la piena tutela dei diritti fondamentali dell’uomo come sancito in Costituzione.
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