Autore: #MelissaMeniconi
Oggi è la giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, tramite la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999. L’ONU ha ufficializzato una data, scelta da un gruppo di donne attiviste, riunitesi nell'Incontro Femminista Latino-americano e dei Caraibi, tenutosi a Bogotà nel 1981.
Ma perché proprio questo giorno? Il 25 novembre 1960 le quattro sorelle Mirabal, mentre si recavano a far visita ai loro mariti in prigione, furono bloccate sulla strada da agenti; condotte in un luogo nascosto furono stuprate e torturate, per poi essere gettate in un precipizio con la loro auto per simulare un incidente.
La quarta delle Mirabal, Bélgica Adela, detta Dedé, non era con le tre sorelle il giorno in cui vennero assassinate. Dedé, fino alla sua morte nel 2014, dedicò la sua vita a testimoniare la violenza del regime Trujillo, il dittatore che tenne la Repubblica Dominicana sotto gioco per oltre 30 anni, e a preservare la memoria delle “farfalle”, così definì le sorelle nel suo libro “Vivas en su jardin”.
Nonostante i successi ottenuti da Dedè per dare una risonanza internazionale al triste epilogo delle sorelle, la violenza sulle donne è ancora largamente diffusa.
In particolare, secondo i dati elaborati da ISTAT per la situazione italiana, il 31,5% delle donne comprese nella fascia di età tra i 16 e i 70 anni ha subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale.
Il 13,6% delle donne ha subito violenze dal partner o ex partner; mentre il 24,7% delle donne è stata vittima di amici, colleghi, conoscenti e parenti.
Oltre alla violenza fisica o sessuale, però, molte donne subiscono anche violenza psicologica ed economica da parte del loro partner: vengono umiliate, valorizzate, intimidate e controllate anche con forme di privazione e limitazione nell’ accesso alle risorse economiche; per non parlare degli atti di stalking. Purtroppo, nonostante gli aiuti messi a disposizione, il 78% delle vittime non si è mai rivolta ad alcuna istituzione e non ha cercato aiuto presso servizi specializzati. Negli ultimi anni i provvedimenti sono aumentati notevolmente tanto che il Parlamento ha optato per l’approvazione della legge n. 69 del 2019, volta a rafforzare le tutele processuali delle vittime di reati violenti, ed è stata inoltre istituita la Commissione d’inchiesta monocamerale sul femminicidio.
Gli sforzi compiuti, però, non sembrano mai essere abbastanza: il Consiglio d’Europa ha criticato l’Italia, vista come responsabile di ostacolare l’accesso alla giustizia alle donne vittime di violenza. Sono stati valutati negativamente i tempi di risposta dei Tribunali, ancora una volta per colpa della ridondante burocrazia italiana e di una società misogina e arretrata in quanto a parità di genere.
Quest’anno anche il Covid-19 ha giocato la sua parte: ha dato una battuta di arresto a tutto ma non alla violenza. Secondo i dati pubblicati dall’ISTAT, considerando il periodo 2019-2020 in Italia, il numero di vittime di sesso femminile resta invariato ed aumentano gli omicidi commessi in ambito familiare; di fatto, le donne sono state chiuse in quattro mura assieme ai loro aggressori. Il numero di chiamate rivolte al 1522 nel periodo compreso tra marzo e giugno 2020 è aumentato rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, passando da 6.956 a 15.280.
Durante il lockdown è stata però portata a termine un’importante iniziativa, ovvero l’implementazione dell’app “YouPol”, che, nata per contrastare il bullismo e lo spaccio di sostanze stupefacenti nelle scuole, è stata aggiornata prevedendo la possibilità di segnalare anche i reati di violenza domestica. Quest’app permette di trasmettere in tempo reale messaggi ed immagini agli operatori della Polizia di Stato.
Altre forme di aiuto sono rappresentate dai Centri antiviolenza e le Case rifugio, che costituiscono il fulcro della rete territoriale della presa in carico delle donne vittime di violenza. Ma, nel periodo di questa emergenza sanitaria, i centri antiviolenza hanno svolto attività solo nel 57% dei casi.
Sembra un incubo, ma purtroppo è la realtà e più andiamo avanti con gli anni, più la situazione sembra peggiorare. Quello che possiamo fare tutti nel nostro piccolo è sensibilizzare sempre più persone a questo problema e lottare per tutte le “Mariposas” in cerca di libertà che sono soggiogate da uomini violenti, come lo furono un tempo le Mirabal.
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