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La chimica delle cose: le materie plastiche

Cosa nuoce al pianeta, la plastica o l'uomo?

Nell’ultimo decennio le reazioni al vocabolo -plastica- assumono sempre un irriverente tono giudicatorio, quasi a riversare i problemi socio-ambientali della comunità globale su questo popolare agglomerato di atomi. Roald Hoffmann, premio Nobel per la Chimica, dice “non ci sono molecole cattive, solo uomini malvagi”. Forse malvagi no, ma disattenti si.


Le plastiche, note anche come resine sintetiche, sono materiali organici, esattamente come il legno o il cotone, producibili a partire da composti naturali quali cellulosa, carbone, sale e, ovviamente, petrolio, attraverso un processo di polimerizzazione. Esplicitare quale materia di partenza è stata scelta dall’uomo è superfluo.

Nel XXI secolo la produzione globale di plastica è aumentata di circa 20 volte rispetto a 50 anni fa, raggiungendo, nel 2014, più di 300 milioni di tonnellate. Il consumo di petrolio per l’ottenimento di polimeri sintetici continua a crescere esponenzialmente dal momento che il 50% delle materie plastiche viene smaltito come rifiuto dopo un utilizzo inferiore a un anno, per di più la maggior parte dei polimeri attualmente in commercio non è biodegradabile, impiegando secoli a degradarsi in piccole particelle, microplastiche, dannose per la vita biologica. Le microplastiche, infatti, vengono liscivate nelle acque con impatti ambientali sconosciuti e imprevedibili per il biota.


Negli ultimi dieci anni, le industrie e la comunità scientifica hanno sviluppato diverse innovazioni per il riciclaggio dei polimeri, ma la maggior parte di esse non può essere utilizzata su scala mondiale per le elevate barriere economiche. Le famose 3R “Reduce, Reuse, Recycle” possono essere un gesto d’amore per il pianeta ma da sole non bastano più, le materie plastiche sono diventati indispensabili alla società odierna. L’unica speranza per giungere a un riciclaggio ecologico ed economicamente sostenibile nei prossimi anni sembra essere lo sviluppo di nuovi polimeri biodegradabili bio-based e un’esplorazione della biodiversità microbica per scoprire nuovi enzimi e proteine con elevata capacità di depolimerizzare polimeri idrofobici e semicristallini.

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