Nel 1929, l’economista russo Yuri Larin propose di abbandonare la tradizionale settimana fatta di sette giorni e di inaugurare un nuovo modo di scandire il tempo, attorno alla nepreryvka: la “settimana lavorativa continua”, che prevedeva quattro giorni di lavoro consecutivi, seguiti da un giorno libero.
Il governo sovietico suddivise la forza lavoro in cinque gruppi e a ognuno di questi assegnò un diverso giorno di riposo.
Abolire la domenica come giorno festivo comune avrebbe permesso alle fabbriche di non fermarsi mai. Oltre a un aumento della produttività, la riforma mirava a svuotare di significato il vecchio calendario, cancellando ogni legame con la dimensione religiosa, e annullando il tempo tradizionalmente dedicato alla famiglia e alla socialità.
I calendari diventarono essenzialmente strumenti di propaganda e di celebrazione del progresso industriale. I giorni cessarono di avere un valore intrinseco e condiviso: per scandire il tempo, le persone non avevano più punti di riferimento al di fuori dei propri turni di lavoro, che differivano da quelli degli altri.
Il malcontento non tardò ad arrivare. Diverse lettere di lamentela iniziarono a comparire sulla Pravda, il giornale ufficiale del partito comunista:
“Cosa possiamo fare a casa se le nostre mogli sono in fabbrica, i nostri figli a scuola e nessuno può venirci a trovare? […] Che razza di vita è se dobbiamo riposare a turni e non insieme, come un'unica classe proletaria? Non si può chiamare giorno di festa, se ci tocca passarlo da soli.”.
La nepreryvka si rivelò un fallimento. I lavoratori diventarono sempre più insofferenti, e la riforma non riuscì mai ad attecchire nelle zone rurali, che continuarono a seguire un calendario di sette giorni, scandito dai ritmi naturali e dalla festività religiose. Inoltre, risultò presto chiaro che la produttività era minacciata dal fatto che i macchinari si danneggiavano molto più facilmente e rapidamente, a causa del sovrautilizzo.
Nel 1931 venne reintrodotto un giorno festivo condiviso e a partire dal 1940 il progetto fu completamente abbandonato.
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