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La solitudine

In una società sempre più orientata verso l’aumento delle connessioni, della frenesia giornaliera e degli impegni è facile sentire la necessità di soffermarsi un attimo e prendersi del tempo per noi stessi, per riflettere su quale sia il nostro obiettivo e su come dovremmo adoperarci per il suo raggiungimento.


Allora ci allontaniamo dal frastuono delle città, per rilassarci e per trovare un po’ di tranquillità, mettendo una distanza fra noi e la pressione dei “doveri”. In questi momenti, quando cerchiamo di riconnetterci con le nostre necessità, è importante riuscire ad essere sinceri, affinché si possa costruire un buon dialogo interiore per capire veramente l’obiettivo del nostro muoversi. O almeno, per farsene un’idea. Ma in un certo senso la solitudine può essere un vaso di Pandora, poiché può rivelarci le nostre paure e le nostre ansie, con le quali non sempre siamo disposti a fare i conti. Tutto ciò rischia di rendere molto più amari i momenti di introspezione che ci ritagliamo, tanto da farceli rifuggire e, conseguentemente, farci instaurare un rapporto negativo con noi stessi.


Perché è proprio allora, quando non siamo disposti ad accettare le nostre parti peggiori, figlie della solitudine e sorelle della tranquillità, che corriamo il rischio di ridurre l’altro ad una mera ancora per non perdersi nell’introspezione, rivolgendosi a lui in modo aggressivo o manipolatorio, al fine di ricercare la tranquillità e il calore che non riusciamo a trovare in noi stessi. Ma il punto è che per poter apprezzare la compagnia degli altri, è necessario stare bene con se stessi, ovvero accettarsi nel bene e nel male, per capire che l’ansia e la tranquillità sono due facce della stessa medaglia. E anche se questo processo potrebbe sembrare un sinonimo del solito “trovare se stessi”, in realtà non lo è, dato che non c’è niente di nuovo da aggiungere, piuttosto c’è da conoscere e riconoscere il vecchio.


Quindi lo scopo è quello di allenare, come se fosse un muscolo, la nostra capacità di stare in solitudine e aprire il vaso, guardare dentro ed accettare ciò che si vede. Ma la società attuale, può veramente permettersi di farlo?




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