Mentre il mondo prova lentamente a ripartire, va configurandosi un quadro assai preoccupante che vede come protagoniste le “commodities”. In questa prima parte del 2021 si sta infatti abbattendo sulle economie mondiali un particolare fenomeno: un aumento vertiginoso dei prezzi delle materie prime di alcuni comparti che sta destando non pochi grattacapi alle aziende.
Diverse sono le stime percentuali di questi apprezzamenti. Al vertice si trova probabilmente il settore della metallurgia, che ha fatto segnare un aumento di oltre il 70%. Gli incrementi riguardano anche legno, cemento, plastiche, gomma e molto altro. Naturalmente tutto ciò ha determinato uno shock da costi ed il rischio è quello di assistere a carenze produttive, inflazione e significativi rallentamenti di una ripresa che rimane ancora fragile.
Ma quali sono i fattori che stanno sostenendo questi rialzi?
La causa principale riguarda la ripartenza delle più grandi economie mondiali consumatrici di materie prime (Cina e USA in primis), alla quale si collega un mancato riallineamento delle catene logistico/produttive aziendali a seguito delle difficoltà legate alla pandemia. L’emergenza stessa ha inoltre determinato una maggiore domanda per i beni (come carta, plastica e vetro) correlati all’uso sanitario.
Un secondo fattore degno di nota riguarda la diffusione di politiche monetarie espansive attuate per contrastare la recessione economica provocata dalla pandemia e che contribuiscono alla crescita dei prezzi. Parallelamente, i tassi di interesse molto bassi favoriscono la speculazione su prodotti finanziari collegati proprio alle commodities.
Non solo, ci sono anche altri fattori che contribuiscono alla crescita dei prezzi, come ad esempio le agevolazioni fiscali (superbonus del 110%, etc…) ma, in sostanza, il disallineamento tra domanda ed offerta è probabilmente la principale causa scatenante del fenomeno. Boom temporaneo o ciclo di lungo termine?
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