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Lo sport ai tempi del Covid-19

Le nostre abitudini sono state stravolte dalla pandemia: lo sport non ne è rimasto esente.
Fare sport, ma in sicurezza.

Lo sport è in gran parte costituito dalla comunità che si riunisce per seguire i propri beniamini sugli spalti, creando di fatto assembramenti di persone, esattamente ciò che le restrizioni e il buon senso ci impediscono.

Com’è cambiato il mondo dello sport al tempo del Covid-19?


Ci siamo dovuti adattare a vedere gli spalti completamente deserti, a sentire forte e chiaro le indicazioni degli allenatori ai propri giocatori, ed un timido urlo degli addetti ai lavori come esultanza.


Per sopperire alla mancanza dei tifosi, in alcuni sport, molti dei quali di derivazione Statunitense, si è optato per la realtà aumentata per riportare gli appassionati più vicini possibile al loro evento preferito. Si chiama Virtual Fan Wall, ovvero una parete virtuale di tifosi che seguono le competizioni dal loro PC, ripresi dalle loro webcam e montati a dovere dalla regia che cerca di rendere più vicini possibile gli amanti della disciplina all’evento sportivo.


Per salvaguardare la salute e la veridicità delle competizioni, si è optato per cercare di costruire una “bolla”: gli addetti ai lavori vengono sottoposti al tampone prima di entrare nella struttura dove si svolgerà l’evento, e rimangono in contatto solo con la comunità di persone facente parte della collettività. L’esempio più riuscito della “bolla” è senza dubbio quella messa in atto dalla NBA. I giocatori di 22 squadre del principale campionato di basket nordamericano, hanno vissuto confinati nel resort di Disney World, in Florida, seguendo rigidissimi protocolli di igiene e distanziamento fisico. Ognuna delle squadre ha portato con sé 36 persone, che hanno vissuto in tre diversi hotel di Disney World, organizzati per aree diverse con una ferrea regolamentazione degli ingressi. I circa venti giornalisti ammessi non potevano interagire con i giocatori e con lo staff, e hanno dovuto passare una settimana barricati in camera prima di avere accesso ai locali e alle palestre.


I giocatori che vivevano nella bolla erano testati ogni e ricevevano i risultati la mattina seguente, grazie a un laboratorio privato dedicato. Chiunque entrasse nel complesso doveva rimanere in quarantena per due giorni, e ottenere due tamponi negativi. I giocatori non potevano uscire salvo che per seri motivi familiari, come matrimoni e funerali; in caso di trasgressione dovevano rimanere in isolamento per 10 giorni prima di tornare ad avere contatti con i compagni di squadra. I turni degli allenamenti erano di tre ore per squadra, in una delle diverse palestre a disposizione: alla fine di ogni turno, tutte le superfici venivano sanificate in vista della squadra successiva.


Il 31 luglio, le 22 squadre convocate in Florida, hanno ricominciato a giocare per portare a termine la Regolar Season, per quattordici giorni. Il 17 agosto hanno avuto inizio i play-off, che sono andati avanti fino al 12 ottobre. La rigorosa bolla NBA è completamente riuscita, portando a termine la stagione senza neanche un caso di Covid-19. L’intera operazione è costata oltre 160 milioni di dollari, ma è servita a evitare fino a un miliardo di dollari di mancati introiti televisivi.


Alcune manifestazioni sono state compromesse o fortemente condizionate dalla pandemia: la positività di alcuni sportivi ha più volte cambiato i valori in campo. Inoltre, i calendari compressi dovuti al mancato inizio della stagione, o viceversa all’interruzione di campionati - alcuni campionati di qualche sport non sono stati fatti ripartire – hanno completamente variato l’andamento e/o la conclusione della stagione.


Al di fuori delle competizioni, le restrizioni del Covid-19 hanno avuto un netto impatto anche sugli sport amatoriali: gli impianti sportivi sono rimasti chiusi dal 10 marzo al 25 maggio, costringendo gli appassionati ad allenarsi fin quando possibile all’aria aperta con attività motoria, o durante il lockdown con sessioni di allenamento all’interno delle proprie abitazioni. La stessa sorte è capitata in seguito al DPCM firmato dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, con entrata in vigore il 19 ottobre, che dovendo fronteggiare la seconda ondata della pandemia, ha consentito soltanto competizioni agonistiche riguardanti gli sport individuali e di squadra riconosciuti di interesse nazionale o regionale dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), dal Comitato italiano paralimpico (CIP) e dalle rispettive federazioni sportive nazionali, discipline sportive associate, enti di promozione sportiva, ovvero organizzati da organismi sportivi internazionali.


Sette giorni più tardi, un nuovo DPCM con ingresso in vigore il 25 ottobre ridisegna ancora le linee guida per lo sport in Italia, chiudendo gran parte dei centri sportivi e lasciando attivo soltanto chi pratica attività a livello dilettantistico di base o superiore, ovvero tutte le attività svolte con la presenza di un tecnico sportivo abilitato e di un referente per il Protocollo di contrasto al COVID-19 di un ente sportivo riconosciuto dal CONI e del CIP, che abbia adottato un Protocollo di contrasto al COVID-19, registrato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il CONI e del CIP.


E voi, come avete vissute e state vivendo questo periodo anomalo dello sport?

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