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Paleopatologia: il Passato che parla al Futuro



La Paleopatologia è una disciplina recente, un mix fra Archeologia ed Anatomia patologica. Analizzando resti umani/animali antichi, l’obiettivo primario è quello di individuare malattie, struttura fisica, piuttosto che traumi negli individui sottoposti ad indagine. Tutto questo si traduce poi nella possibilità di estrapolare attraverso i segni lasciati dalle rispettive esperienze di vita (ad esempio: alimentazione, attività fisica, cause di morte), dati utili nel presente, per rendere il futuro migliore.


Dal 2011, il dipartimento di Paleopatologia dell’Università di Pisa, conduce scavi archeologici a Badia Pozzeveri, un monastero camaldolese vicino ad Altopascio. L’istituzione, menzionata per la prima volta nel 952, dal 1095 ottiene il diritto di libera sepoltura. Verrà poi soppressa con bolla papale nel 1408.


Tuttavia, nel cimitero antistante la chiesa, operativa fino agli anni ’50 del XX secolo, non sono stati rinvenuti soltanto resti di monaci, bensì una grande fossa comune contenente i corpi delle vittime dell’epidemia di colera del 1850. In quell’occasione, curiosamente simile a quella in cui ci troviamo oggi, morirono in Europa circa un milione di persone. 72.000 solo in Toscana.


I resti, situati in profondità, furono frettolosamente coperti di calce in un tentativo di diminuire il contagio. Questo, ha conservato anche il suolo circostante i corpi. Analizzandolo, il Dipartimento di Paleopatologia e quello di Antropologia dell’Università di Pisa, assieme all’Ohio State University ed esperti nello studio di DNA antichi, sperano di poter isolare il Vibrio cholerae per come si presentava due secoli fa. Studiando la sua evoluzione, e raffrontandolo al suo aspetto odierno, la speranza è quella di riuscire un giorno a curare una delle maggiori cause di morte nel mondo. L’OMS afferma infatti che l’infezione sia endemica ancora in 47 paesi e che uccida circa 95.000 persone all’anno.


Potrà mai una disciplina che delinea il nostro ieri migliorare l’oggi? Oppure i contributi da essa forniti resteranno circoscritti a riviste specialistiche ed articoli di settore?





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