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Pandemia e Lingua

Autore: Viola Guasconi



Quando si parla di ‘lingua’ si pensa a qualcosa di decontestualizzato dalla realtà, poiché la utilizziamo inconsciamente nella nostra quotidianità. La lingua non è un concetto astratto, bensì un ‘prodotto sociale’ e in quanto calata nella società, essa è eterogenea e si modifica in base al contesto, al livello sociale dei parlanti e alla situazione comunicativa. Ecco perché la sociolinguista Vera Gheno ha detto che la pandemia non ha solo stravolto la nostra quotidianità, ma ha marchiato a fondo anche il nostro modo di parlare.


Lingua e società sono due elementi interconnessi, in quanto la lingua registra il cambiamento sociale e ne conserva traccia al suo interno. Di fronte a un concetto nuovo, essa si modifica per poterlo esprimere, poiché noi avvertiamo l’esigenza di concretizzare ciò che è meno percepibile. Così, nuove parole nascono attraverso il fenomeno dello ‘slittamento semantico’, ovvero parole abituali si caricano di un nuovo significato. La Gheno ci fa l’esempio del verbo ‘tamponare’ che è passato a indicare in questo periodo l’azione di eseguire tamponi per effettuare una diagnosi.


Oltre a questo fenomeno, si nota una predominanza di termini appartenenti a specifici campi semantici. Molte espressioni di ambito medico hanno inondato i media, entrando a far parte della nostra quotidianità (es. asintomatico, sierologico) e perfino espressioni come “Restiamo positivi” non venivano pronunciate a cuor leggero, poiché ‘positivi’ rimandava all’infezione da Covid. Non a caso, infatti, si è preferito usare il famigerato “Andrà tutto bene”. Anche la sfera militare ha fatto il suo ingresso, in tutti i sensi, nella nostra vita, attraverso un uso spropositato da parte dei media di termini come ‘trincea’ o ‘prima linea’, terminando per identificare i medici come ‘eroi’ e creando un forte stress emotivo nella popolazione che ha alimentato i conflitti.


Invece di renderci più umani, la pandemia sembra averci trasformato in vasi di pandora pieni di risentimento e pregiudizi, pronti a travolgere il prossimo non appena aperti. In queste situazioni emotivamente delicate meglio mascherare con la retorica o limitarci a descrivere i fatti?




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