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Dea Delli Paoli

Per non dimenticare, ancora


ingresso in un campo di concentramento
Giornata della Memoria

L’Assemblea Onu ha recentemente adottato una risoluzione proposta da Israele, non giuridicamente vincolante, ma di forte impatto, diretta a condannare qualsivoglia forma di negazionismo dell’Olocausto. Israele aveva già avuto successo quando, nel 2005, promosse l’istituzione della Giornata internazionale della memoria nella cadenza del 27 gennaio, in ricordo delle vittime del genocidio.


La risoluzione ha esortato il lavoro dei Paesi coinvolti nella preservazione delle prove della crudeltà umana consumatasi nei campi di sterminio e di concentramento, condannando di pari passo ogni forma di negazionismo ad essi associabile.


Era il 20 gennaio del 1942 quando, a Berlino, si pianificava un’efficiente “soluzione finale della questione ebraica”. Uno smistamento di masse umane in squadre di lavoro separate per sesso. Gran parte sarebbe stata annientata dal naturale cedimento, mentre un eventuale residuo sarebbe stato smaltito adeguatamente. Ghetti, campi e sistematico sterminio.

Ad oggi, in memoria di ciò, si vuole evidenziare l’importanza primaria dell’impegno didattico, il ruolo fondamentale svolto dai social media nel contrasto all’antisemitismo, al negazionismo e all’ignoranza.


L’essere umano è smemorato, e come disse Voltaire a proposito della Libertà, “è così tanto tempo che disputate sulla sua natura che sicuramente non la conoscete”. Facilmente si perde il contatto con la realtà, complice forse un tempo scandito online, pieno di tutto e niente, complici la noia e la superficialità. Si dimentica il valore della libertà e il rispetto per la vita, non riuscendo più a coglierne l’essenza.


L’umanità ha accettato ciclicamente d’esser condannata a morte, una fedele e seducente alleata del potere. Eppure, ricordare dovrebbe bastare. Dovrebbe bastare morire una volta sola, miliardi di volte diverse. Ma il ticchettio di un tempo offline ci sfugge, ed oggi, ancora, aspiriamo a scenari vissuti e sofferti senza dargli peso.


Siamo figli di un arduo dovere generazionale, ma domani, potremo essere solo complici o vittime?

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