Lo scorso 20 maggio Enrico Letta ha proposto un incremento della tassa di successione per finanziare una dote per i neo-diciottenni. In particolare, la dote ammonterebbe a 10mila euro cadauno (circa 2,8 miliardi totali) e sarebbe destinata alla metà dei maggiorenni in base all’ISEE mentre le donazioni tassate sarebbero quelle a partire dai 5 milioni. Questa proposta riguarda i giovani dai 13 ai 17 anni, la “generazione Covid”, come il segretario del PD l’ha definita.
A primo impatto, la proposta sembra una misura redistributiva ragionevole: togliere ai più ricchi per dare a chi dovrà sostenere il peso dell’enorme debito che la crisi pandemica si lascerà alle spalle. Inoltre, per l’Italia l’aliquota sulle successioni milionarie del 4% è notevolmente più bassa della media europea. Nonostante ciò, la proposta non ha trovato terreno fertile e Draghi ha subito fermato Letta affermando che “non è il momento di prendere i soldi ai cittadini ma di darli”.
Letta rivendica il fatto che anche negli Stati Uniti Biden abbia lanciato una proposta simile parlando di aumentare la tassazione sull’1% più ricco della popolazione. Purtroppo, il metro di paragone non è dei migliori. L’Italia, infatti è uno dei paesi OCSE con più pressione fiscale, ben al di sopra degli US che hanno un Total Tax Rate del 36.6% contro il 59.1% italiano. A questo confronto impietoso si aggiunge l’interrogativo relativo a quanto sia davvero utile una dote di 10mila euro per un diciottenne.
Purtroppo, è ormai noto che il nostro sistema scolastico non garantisce un’istruzione di qualità ed in linea con le richieste del mercato del lavoro. Se vogliamo davvero aiutare i giovani non credi sarebbe saggio lavorare sull’offerta formativa della scuola?
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