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Tigrè: tra guerra e carestia


rifugiati etiopi
Rifugiati fuggiti dai combattimenti nel Tigrè in fila per il cibo al confine con il Sudan - Fonte: Reuters

Il 7 marzo 1985 venne pubblicato “We Are the World”, un brano musicale scritto e composto da Michael Jackson e Lionel Richie ed inciso dagli USA for Africa, un gruppo di 45 superstar musicali, soprattutto statunitensi. Il pezzo ebbe molto successo, vennero vendute 20 milioni di copie, con un ricavo di oltre 100 milioni di dollari, e raggiunse le vette delle classifiche musicali di tutto il mondo.


La canzone aveva una finalità benefica: raccogliere fondi per aiutare la popolazione dell’Etiopia che in quel periodo era afflitta da una grande carestia.


Come 36 anni fa, l’Etiopia si trova ancora una volta in una situazione molto difficile. Negli ultimi mesi dello scorso anno, il paese è stato afflitto da una guerra civile tra il governo federale e governo regionale del Tigrè, controllato dal Fronte di liberazione del Tigrè (TPLF).


L’esercito federale, in circa tre settimane, riuscì a conquistare Macallè, la capitale della regione, costringendo i leader del TPLF a rifugiarsi sulle montagne. Varie organizzazioni per la difesa dei diritti umani affermano che durante questo periodo sono state uccise migliaia di persone, e molte altre sono state costrette a lasciare le proprie case e a fuggire nel vicino Sudan.


La popolazione locale, circa 6 milioni di persone, attualmente non ha ancora accesso a cibo, acqua potabile e medicine. E questo viene aggravato dall’impossibilità di ingresso da parte di aiuti umanitari nella regione. Infatti il governo del primo ministro Abiy Ahmed (premio Nobel per la Pace nel 2019), ha reso complessa e lunga la richiesta per i permessi burocratici per entrare nel Tigrè, delle quali circa un terzo viene rifiutata.


La situazione nel territorio era già grave a causa della pandemia e dall’invasione delle cavallette. Inoltre la guerra è scoppiata proprio nel periodo della mietitura: i raccolti sono andati persi e le fattorie abbandonate.


UE e USA hanno criticato il governo etiope, e la prima ha attuato anche politiche concrete. Riusciranno le pressioni provenienti dalla comunità internazionale a sbloccare questa disastrosa situazione?

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