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Un tiro speciale



São Paulo, 12 giugno 2014. Juliano Pinto, giovane ragazzo brasiliano paraplegico a causa di un incidente stradale, si appresta a calciare un pallone sotto gli occhi di milioni di spettatori, durante la cerimonia di apertura dei Mondiali di calcio del 2014. Ma il suo non è un tiro qualunque, perché Juliano in quel momento indossa un “esoscheletro”, ovvero un’apparecchiatura robotica che lo assiste nel compiere un movimento, comandato dal suo stesso pensiero. Juliano è prigioniero del suo corpo, ma è ancora capace di immaginare i movimenti necessari a calciare un pallone. Tale immaginazione viene captata sotto forma di onde elettroencefalografiche e trasformata in comandi digitali destinati al suo device elettronico. E non è finita qui: Juliano, infatti, sempre a causa della sua lesione al midollo spinale, ha perso ogni tipo di sensibilità da metà torace in giù. Proprio per questo, il suo esoscheletro è dotato di una “pelle” artificiale, che rileva sensazioni quali il movimento degli arti o il contatto dei piedi al suolo e gliele restituisce sotto forma di vibrazioni agli arti superiori. In questo modo, associando il movimento delle gambe con la vibrazione sulle braccia, Juliano riceve un feedback tattile e propriocettivo che con il tempo riesce ad ingannare il suo cervello, dandogli l’impressione che stia effettivamente camminando.


L’intuizione che il cervello fosse talmente plastico da essere capace di imparare a controllare una componente del tutto esterna al corpo, come se il cervello fosse un hardware al quale possiamo aggiungere un’estensione, fu di Miguel Nicolelis, neuroscienziato e pioniere della ricerca su queste tecnologie che “leggono il pensiero”, che prendono il nome di Brain-Computer Interfaces (BCIs).


Oggi di BCIs ne esistono di vari tipi e hanno potenzialmente una moltitudine di applicazioni cliniche. Sarebbero molto utili, ad esempio, per permettere la comunicazione nei pazienti con sindrome locked-in, spesso conseguenza di una sclerosi laterale amiotrofica (SLA), i quali sono del tutto coscienti ma incapaci di muovere ogni singolo muscolo e quindi di comunicare con l’esterno.


E tu, quale pensi sia il futuro di queste macchine intelligenti?






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