3 novembre 2020: Joe Biden, dopo una burrascosa campagna elettorale, diventa 46° presidente degli Stati Uniti d’America.
I primi mesi successivi all’elezione furono accompagnati da una serie di successi, come l’avvio della campagna vaccinale, che sembravano incanalare la presidenza Biden sui binari del successo. L’entusiasmo del periodo fu dovuto, fra le altre cose, alla conquista da parte dei democratici dei due seggi al Senato eletti nello stato della Georgia; risultato che permetteva di avere la maggioranza nella Camera Alta del Congresso, considerando il voto della vicepresidente Kamala Harris.
Pensando al periodo immediatamente successivo alle elezioni, appare inconcepibile come oggi, a più di un anno dalla sua elezione, il nuovo presidente degli USA sia in discesa libera nel gradimento nei sondaggi. Come rilevato da FiveThirthyEight il tasso di approvazione nei confronti di Joe Biden si attesta, ad un anno dalle elezioni, al 43%, uno dei risultati più bassi della storia tra i presidenti degli Stati Uniti, questo nonostante il primo anno della presidenza Biden abbia portato ad alcuni risultati postivi in diversi settori dell’economia americana.
Come riportato da Politico il tasso di disoccupazione è sceso quasi ai livelli pre-pandemia, attestandosi al 4,2 %; il congresso inoltre ha approvato nel mese di novembre un ambizioso programma di 2 trilioni di dollari di investimento in infrastrutture, che dovrebbe, secondo le parole del presidente Biden, garantire l’ammodernamento di 20.000 miglia di strade e oltre 10.000 ponti.
D’altra parte ciò che pesa realmente sui bassi indici di gradimento nei confronti del nuovo presidente degli Stati Uniti è, in primo luogo, la disastrosa ritirata delle truppe USA dall’Afghanistan; oltre che ,in seconda battuta, il tasso d’inflazione negli Stati Uniti che mai negli ultimi 30 aveva registrato un dato così alto, attestandosi al 6,2%.
Il mix di questi due elementi, insieme con la diffusione della nuova variante omicron, hanno portato diversi istituti economici, come Goldman Sachs, a rivedere al ribasso le stime di crescita degli Stati Uniti per il 2022, stimando la crescita del primo trimestre dal 3 al 2%. Se consideriamo, fra l’altro, che la Fed, come riportato dal Financial Times, ha annunciato che nel caso in cui l’inflazione si dovesse mantenere su questi livelli provvederà ad alzare i tassi d’interesse di almeno un punto percentuale già a partire da Marzo (un azione che ha l’effetto di “sgonfiare” ulteriormente la crescita), il mix appare letale.
In sintesi, nonostante la presidenza Biden stia provando a porre le basi per la futura crescita degli Stati Uniti, che negli anni hanno sempre di più perso terreno a scapito della Cina, l’opinione pubblica rimane scettica circa l’efficacia delle azioni della presidenza Biden. Le politiche di lungo termine della nuova presidenza si scontrano con risultati altalenanti nel breve periodo, che hanno portato sia a nuove divisioni interne, sia ad un indebolimento della figura del presidente Biden agli occhi dei leader internazionali.
Nel primo discorso successivo al suo insediamento Joe Biden affermò: “Voglio essere un presidente che unifica, che non vede il blu e il rosso, ma gli Stati Uniti. Ho accettato questo incarico per andare a ricostruire la spina dorsale di questo paese. È venuto il momento di guarire gli Stati Uniti”; nonostante queste parole ancora oggi, per quanto riguarda alcune tematiche come la campagna vaccinale, resta grande l’abisso che divide l’elettorato democratico rispetto all’elettorato repubblicano.
In questo senso, come riportato da un’analisi del New York Times ripresa dal Foglio, la differenza in termini di popolazione vaccinata tra gli Stati dipende sensibilmente dall’orientamento politico del governo di quest’ultimi; per cui se negli Stati governati dai repubblicani la gente sarà meno propensa a vaccinarsi, al contrario negli Stati democratici ci saranno più persone desiderose di essere immunizzate contro il Covid 19.
Ad aggravare ulteriormente questa situazione di difficoltà ci ha pensato il senatore democratico del West Virginia Joe Manchin, il quale, in un’intervista a Fox News, ha palesato la sua contrarietà al Build Back Better; dichiarando che «Non posso votare per questa legge. Non ci riesco. Ho provato tutto quello che era umanamente possibile, ma non ce la faccio».
Il presidente Joe Biden aveva cercato di venire incontro alle esigenze del senatore democratico, tagliando i fondi per il Build Back Better da 3500 miliardi a 1800 miliardi, quasi la metà; nonostante il progetto costituisca uno dei cavalli di battaglia dei democratici, contenendo riforme marcatamente progressiste come l’espansione della copertura sanitaria ai più poveri, il rinnovo dei sussidi per le famiglie con figli e nuovi fondi per le case popolari.
Manchin rappresenta probabilmente il più conservatore tra i senatori democratici: da sempre contrario all’aborto e ai matrimoni tra persone dello stesso sesso; fra le altre cose, provenendo da uno stato fortemente dipendente dalle miniere di carbone come il West Virginia, si è sempre dimostrato a favore degli investimenti nei combustibili fossili.
È espressione di una certa politica a stelle e strisce, ormai solo un ricordo considerando le profonde fratture che percorrono la società americana, che considerava necessario l’accordo bipartisan per far passare le più importanti riforme legislative.
Ad oggi la sua figura appare sempre più importante considerando che al Senato i democratici hanno la maggioranza esclusivamente di un voto; motivo per cui l’ago della bilancia nello scacchiere del Congresso è costituito da “President Manchin”, come ormai ribattezzato dai media.
La sua contrarietà deriva principalmente dal fatto che una mole così grande di denaro andrà ad aumentare profondamente il deficit di bilancio, oltre a favorire un ulteriore impennata dell’inflazione, nonostante sia stato dimostrato dal Penn Wharton Budget Model, che il piano inciderà sull’inflazione in maniera assai ridotta, ovvero di 0,1/0,2 punti percentuali.
La riforma assume una particolare importanza se si considera come le prospettive dei democratici nei confronti delle elezioni di midterm del 2022 appaiono particolarmente cupe.
Come mostrato da un articolo della CNN, oggi non solo appare altamente probabile che i democratici perdano il controllo del Senato, ma la partita per il controllo della Camera è apertissima, nonostante ad oggi di democratici abbiano una maggioranza di 8 votanti.
Già adesso la situazione di Joe Biden non sia fra le più rosee, inoltre una quasi certa sconfitta alle elezioni del 2022 potrebbe avere effetti ancora più disastrosi sull’efficacia della presidenza Biden.
Comentários