Autore: #AndreaLucii
Il concetto della Virtual Water è stato introdotto da geografico John Anthony Allan, ed il significato risiede nella constatazione che ogni prodotto, in particolar modo i prodotti agricoli, richiedono una specifica quantità di acqua nel loro processo produttivo.
La quantità di acqua in questione viene definita come il volume di acqua usato per la produzione del bene, misurato nel luogo ove quel bene è stato prodotto, e si riferisce alla somma dell’acqua consumata nelle varie fasi della sua produzione.
L’aggettivo “virtuale” si riferisce al fatto che molta dell’acqua utilizzata per produrre quel bene non è di fatto contenuta in esso.
Il concetto di virtual water è collegato a quello di Water Footprint (impronta idrica).
L’impronta idrica di una nazione è la quantità totale di acqua consumata al suo interno sommata alla quantità di virtual water esportata o importata da un paese, in quanto dato fondamentale per capirne i consumi.
Un paese esportatore di prodotti ad alto contenuto di acqua virtuale, infatti, dovrà sottrarre alla quantità di acqua utilizzata a livello domestico quell’acqua utilizzata per produrre i beni che sono stati poi destinati all’esportazione. Viceversa, un paese importatore di virtual water dovrà aggiungere questa quantità di acqua al suo consumo nazionale; così, si potrà avere un’idea più chiara della quantità di acqua utilizzata da un determinato paese.
Nasce di conseguenza l’idea del virtual water trade (il commercio di acqua virtuale). Ogni bene commerciato a livello internazionale può essere classificato in base al suo contenuto di acqua virtuale, soprattutto per quanto riguarda i prodotti alimentari. Il virtual water trade permette di individuare flussi di beni, indirizzati verso stati che sono indotti a utilizzare l’importazione per sopperire alle proprie mancanze di risorse idriche e continuare a garantire un certo livello di stabilità sociale. Allo stesso modo si possono identificare paesi che destinano una parte non indifferente della produzione agricola domestica all’esportazione.
Il reale contenuto d’acqua di un bene è quindi trascurabile rispetto al suo contenuto “virtuale”?
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