Autore: #AlexandraSchoenborn
«Mi chiamo Andy Warhol e ho appena finito di mangiare un hamburger» dichiarò l'artista, tenendo lo sguardo fisso nella fotocamera. 66 Scene di America di Jørgen Leth, uno dei numerosi esempi di Warhol che sembrava prevedesse, in qualche modo, la tipica cultura «influencer» di oggi, nella rappresentazione di un atto banale come questo sarebbe stato tutto » ordine del giorno.
«Se volete sapere tutto di Andy Warhol, basta che guardiate la superficie: quella delle mie pitture, dei miei film e della mia, lì sono io. Non c'è niente dietro ». Warhol ossessionato dalle foto, nella sua produzione possiamo trovare parecchi suoi «selfie». Così come creava le immagini di celebrità per Monroe o Elvis, ugualmente sapeva costruire l'immagine di sé, diventando una celebrità a pieno titolo attraverso la sua arte, che, con il concetto di riproducibilità consumista americana degli anni 60, giocava su questi effetti.
Un esempio sono i suoi autoritratti del 1964. Si trattavano stampe di immagini prese in una cabina per fototessere in cui indossava occhiali da sole e trasmetteva un'espressione assente di sé, quasi come se fosse voluto promuovere solo la sua immagine piuttosto che la sua identità . La caratterizzazione di questa impersonalità è una durata costante in tutta la sua carriera, nella quale usava la sua “persona pubblica” per proiettare l'immagine inespressiva e distaccata di lui verso il mondo, negando l'interesse di un io privato.
L'Ossessione di Warhol per le celebrità è anche alle Superstar, un gruppo di persone in evoluzione che ha creato per promuovere sia la sua arte sia i membri del gruppo stesso, che erano stati evoluti della sua creatività. Sembra quasi che Warhol abbia anticipato la cultura odierna dei social, che con la sua frase «nel futuro diventerà famoso per quindici minuti», abbia scaturito all'inizio della professione degli influencer attuali.
Dovremo ancora aspettare un nuovo Andy Warhol a far cambiare la nostra percezione di sé?