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Alex Zanardi: la storia di un uomo dalle infinite risorse


È il 15 settembre 2001, il mondo è ancora scosso da quanto successo appena

quattro giorni prima a New York. L’attentato da parte di Al Qaida alle Torri

Gemelle uccide la bellezza di 2977 persone, ne ferisce più di 6000 e tiene il mondo incollato ai teleschermi. L’allora Formula CART, massima serie automobilistica americana, la mattinata seguente la tragedia, si riunisce e decide che la competizione in programma la domenica avrebbe avuto normale svolgimento, ribattezzando la gara “American Memorial” in omaggio agli orrori avvenuti in USA.


Si fa tappa all’estremo est della Germania, precisamente al Lausitzring, vicino al

confine con la Polonia. Le qualifiche del sabato sono annullate, dato il violento

acquazzone riversatosi sull’EuroSpeedway, dunque come da regolamento, non si

può correre in condizioni di bagnato e la griglia di partenza per il giorno seguente

è stabilita con l’ordine momento della classifica di campionato.


Zanardi torna negli States proprio nel 2001, dopo essere stato campione nel 1997

e nel 1998. A cavallo, una breve parentesi d'addio in F1 nel 1999 con la Williams, per cercare di cogliere i mancati successi nel campionato degli anni precedenti.

Decide di tornare nel vecchio Continente con la scuderia inglese, capace di vincere quattro mondiali negli anni ’90. La stagione di Alex però è un travaglio: dieci ritiri in sedici gare disputate, il miglior piazzamento soltanto un ottavo posto a Monaco e Spa; chiude la stagione diciannovesimo con neanche un punto in campionato.



Nel 2000 Zanardi decide di prendersi un anno sabbatico: decisamente demotivato dall’esperienza con la Williams, ormai ha trentaquattro anni, con diversi successi sparsi per il mondo ed una famiglia sulle spalle, la motivazione di Alex non è certamente quella di un tempo: ma un pilota resta tale fino alla fine dei suoi giorni. Zanardi vola dunque ancora negli Stati Uniti, dove ad aspettarlo c’è Morris Nunn, suo vecchio ingegnere di pista ai tempi d’oro della carriera del Bolognese, adesso proprietario di una scuderia.


Fra mille dubbi, Alex ritorna al passato. Decide di passare l’estate in America,

poiché da giugno a settembre il campionato CART vive il suo periodo di massima

intensità, e nel frattempo farà il “pendolare” fra gli USA e Padova, dove vive

tutt’ora, per il resto della stagione.

Il ritorno alle origini per Zanardi è assai difficile: le problematiche nel trovare un

buon set up per le qualifiche, mescolato all’inesperienza di un team giovane che

sbaglia spesso strategia impedisce ad Alex di salire sul podio in molte circostanze;

il suo miglior risultato è soltanto un quarto posto a Toronto, niente di più.

Nonostante le difficoltà, il team inizia ad ingranare, e nel GP in programma quel

maledetto 15 settembre, Zanardi si presenta nettamente motivato a portare a

casa un risultato importante.

Mancano tredici giri alla fine e Zanardi si ferma ai box per l’ultima sosta; al rientro in pista trova una chiazza d’acqua e olio all’uscita della pit lane, perde il controllo della sua monoposto e rientra pericolosamente senza controllo in pista. Alex Tagliani sopraggiunto ad altissima velocità nulla può per evitare la Reynard Honda dell’italiano, che viene investita in pieno dividendosi in due.

Zanardi si aggrappa alla vita con tutto se stesso, con appena un litro di sangue in

corpo; nel tragitto che lo porta all’ospedale subisce sette arresti cardiaci, dai quali

riesce miracolosamente a sopravvivere.

Resta quattro giorni in coma, nel mese e mezzo in cui vige ricoverato all’ospedale

di Berlino subisce più interventi volti a stabilizzarne le pessime condizioni di

salute.


Alex non si abbatte, quando si sveglia afferma di aver guardato la metà del corpo

rimasta, non quella persa. Il giorno stesso in cui torna a casa senza le gambe,

Zanardi vuole sfidare suo nipote a nascondino. Prima si infila nel caminetto.

Poi avvicina due sedie e ci si sdraia sopra, coprendosi con un plaid. Infine, si

mimetizza dentro il portavivande. La sera, il nipote confida alla madre: «Da

grande voglio guidare una macchina da corsa e non avere le gambe come lo zio».

Alex sostiene che dei tanti complimenti ricevuti, quello rimane per distacco il più

bello. Il complimento di un bambino a un uomo che, per rinascere, ha saputo

tornare bambino.

Alessandro è una persona che si prefissa degli obiettivi in testa, e fa di tutto per

andarseli a prendere. Mentre ancora sta eseguendo la riabilitazione a Berlino

decide che la sua prima apparizione in pubblico sarà a dicembre, ai caschi d’oro

del 2001, evento annuale promosso dalla rivista Autosprint, dove si

premiano i migliori piloti delle due e quattro ruote. Insieme al Dottor Claudio Costa, storico angelo custode dei piloti del Motomondiale, Alex realizza la follia di

essere presente alla cerimonia. Quando la folla lo vede, si alzano tutti in piedi, e

gli dedicano un interminabile applauso da pelle d’oca. “[…] Era talmente tanto che

non mi succedeva di essere così emozionato: lo sono così tanto che mi tremano le

gambe.”

Con questa frase un commosso Zanardi, chiude la sua prima apparizione pubblica.

Che Alex fosse uno tenace, lo si capisce subito. Appena due anni dopo il terribile

incidente, la CART gli dà l’occasione di finire i tredici giri mancanti che avrebbe

dovuto compiere per terminare la sua gara in terra tedesca, e lo fa segnando

tempi di assolutissimo rispetto. Per Zanardi tutto questo è linfa vitale, nel 2005

torna alle corse nel WTCC (Campionato del Mondo di vetture turismo) alla guida

della BMW 320si del team Italy-Spain. Nel Gran Premio di Germania il 28 agosto a Oschersleben dello stesso anno, Alex diventa il primo pilota con handicap a

vincere una gara valida per un campionato del mondo fra i normo dotati.


Nel 2007 si lascia affascinare dalla handbike, la bicicletta con la quale le persone

con handicap fanno attività ciclistica. Alla sua prima uscita ufficiale alla Maratona

di New York, centra il quarto posto fra gli atleti paralimpici: da lì in poi è amore fra

Alex ed il paraciclismo.


Nel 2011 a Roskilde, in Danimarca, centra la sua prima medaglia mondiale nel

paraciclismo, diventando così vice campione del mondo nella Cronometro,

disciplina dove ogni atleta è sfidato a partire da un punto A fino ed arrivare ad un

punto B nel minor tempo possibile.

Lo stesso anno, strappa il pass per le Paralimpiadi di Londra 2012, dove riesce

incredibilmente a vincere due medaglie d’oro e una d’argento.

Nel 2013, riesce a riconfermarsi ai massimi livelli, vincendo addirittura tre

medaglie d’oro:1 Alex punta dritto verso Rio 2016.

Il 2014 è forse l’anno più prolifico della seconda vita di Alex: oltre a vincere ancora

due medaglie d’oro mondiali e una d’argento, partecipa all’IronMan delle Hawaii,

la corsa più difficile per tutti i triatleti dove running, ciclismo e nuoto si fondono. Il

tutto ambientato sull’isola di Kona, dove la conformazione del tracciato e le

temperature rendono la corsa un vero e proprio inferno. Zanardi percorre i 3,860

km a nuoto, i 180,260 km in handbike ed infine i 42, 195 km (distanza della

maratona Olimpica) in carrozzina in 9h 47’ 14”, chiudendo 273° assoluto.

Forte dell’esperienza del triathlon, nel 2015 lascia le briciole agli avversari: tre

medaglie su tre d’oro ai mondiali paralimpici di Nottwil, in Svizzera.

Nonostante abbia quasi cinquanta anni, alla sua seconda Paralimpiade brasiliana, coglie ancora due medaglie d’oro e una d’argento.


Fra il 2017 e il 2019 vince altre quattro medaglie d’oro mondiali, tre d’argento e

una di bronzo, portando dunque il totale delle medaglie a 18, di cui ben 12 d’oro,

5 d’argento e soltanto una di bronzo. A Cervia nel 2018, demolisce il suo record

nell’IronMan: nella tappa Romagnola, Zanardi porta a 8 h 25’ 30” il personale, ben

un’ora e venti minuti sotto a quanto fatto quattro anni prima.

Alex è convinto di poter far bene ancora alle Paralimpiadi, nonostante a luglio

2020 sarebbe alla soglia dei 54 anni, si sente ancora di poter essere competitivo;

ma il destino ha un piano assai diverso per lui.

La pandemia di Covid-19, porta il CIO (Comitato Olimpico Internazionale) a

spostare le Olimpiadi, e dunque le Paralimpiadi, programmate a Tokyo al 2021,

per garantire agli atleti la maggior sicurezza possibile. Questo per Alex è un duro

colpo, non essendo ormai più un ragazzino.

Alessandro ha in mente un obiettivo, come sempre del resto, per superare il

periodo della pandemia, e valorizzare la nostra Terra, colpita dal Coronavirus: si

tratta di Obiettivo Tricolore, un lungo e appassionante viaggio che dal 12 al 28

giugno vede impegnati oltre cinquanta atleti paralimpici, passarsi di mano in

mano il testimone partendo da Nord, ai confini con la Svizzera, fino ad

arrivare a Sud, a Santa Maria di Leuca. In un momento difficile e cruciale per

il pianeta intero, Obiettivo Tricolore vuol rappresentare proprio l’Italia che

riparte, dimostrando che si può resistere e lottare tutti insieme per costruire

un futuro nuovo. Gli atleti percorreranno il loro tragitto in handbike, in

bicicletta o in carrozzina olimpica, mettendosi in gioco al servizio della loro

passione, ma altresì consci del valore simbolico che il loro viaggio può avere

per altre persone.



Alex purtroppo non vedrà mai Santa Maria di Leuca, luogo dell’arrivo. Il 19

giugno, lungo la statale 146 nel comune di Pienza perde il controllo della

handbike, ed impatta violentemente contro un camion; viene immediatamente

soccorso sul posto e portato con l’elisoccorso al Politecnico Santa Maria alle

Scotte. Le sue condizioni appaiono subito disperate e precarie.

Inizia così, la terza vita di Alex, probabilmente la più dura.



Zanardi ha infranto le barriere dello sport paralimpico, facendo rivalutare la figura

degli atleti con handicap. Inoltre, lancia messaggi in maniera inconscia, data la sua bontà d’animo, ma allo stesso tempo concetti che molto spesso tendiamo a dare per scontato: alla vita non importa di quanto tu sia famoso, ricco o forte, quando il “tornado” di fattori esterni si scaglia contro di te, siamo tutti uguali d’innanzi al fato, sta a noi decidere con quale forza uscirne, e soprattutto imparare a prendere il bene dai momenti più difficili della nostra esistenza. Insegna che con l’impegno e dedizione si possono raggiungere traguardi a noi apparentemente irraggiungibili, ed infine, a non prendersi troppo sul serio e a vivere la propria vita con assoluta leggerezza.

E voi, conoscevate la storia di Zanardi?




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