A cavallo fra anni ’50 e ’60 si affacciano sulla scena discografica nazionale i primi cantautori che di certo rappresentano il frutto artistico migliore di quel periodo.
Mi riferisco a Gino Paoli, Luigi Tenco, Sergio Endrigo, Fabrizio De André che rappresentano delle voci fuori dal coro che hanno dalla loro parte, oltre ovviamente il talento, anche una spiccata nonché innata propensione ad allontanarsi da quelli che erano gli orizzonti e gli schemi rigidi della canzone italiana tradizionale, unendo suggestioni musicali e culturali attinte dal jazz americano, dalla letteratura, dalla filosofia e dalla poesia francese.
Costoro entrano a gamba tesa operando una “rivoluzione copernicana” della musica leggera italiana, liberandola da tutti i ghirigori espressivi e morali che l’avevano resa, sino ad allora, omogenea dal punto di vista contenutistico (salvo rare eccezioni es: Renato Carosone). Tant’è vero che anche quegli artisti che trascinavano con sé una certa carica innovativa dovuta all’adozione di ritmi d’importazione come Adriano Celentano e Bobby Solo e Little Tony (cd. “urlatori”) comunque riproponevano nei loro testi lo stesso identico schema di valori delle canzoni melodiche tradizionali.
La musica leggera fino a quel punto aveva utilizzato un linguaggio che descriveva l’amore attingendo ad immagini platoniche, celestiali e che utilizza toni rassicuranti, sovente impersonali. I cantautori hanno il merito di riportare quella stessa musica leggera a contatto con la terra, con la realtà di tutti i giorni, parlando di sentimenti complessi e talvolta inconfessabili che, per la prima volta, possono raggiungere il pubblico di massa. Cambiano quindi i contenuti ma soprattutto il linguaggio con cui si sceglie di descriverli, scevro del silenzio e della retorica ricollegabile a quel vecchio sistema di valori dal quale ci si discosta, raccontando le relazioni a tutto tondo, descrivendo con un linguaggio crudo e diretto i sentimenti, i desideri, le relazioni sessuali tra uomini e donne, contribuendo in questo modo ad un rinnovamento della morale e del costume che raggiungerà il suo acme negli anni Settanta.
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