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CRONISTORIA DEL CORONA VIRUS ALL’ITALIANA



Italiani, popolo di santi, poeti e navigatori ma all’occorrenza anche esperti di musica, commissari tecnici, statisti e, da un mese a questa parte, anche virologi.

Avrete già capito che stiamo parlando dell’ormai famosissimo COVID-19, nuovo ceppo della famiglia dei coronavirus, che sta paralizzando più o meno tutto il mondo. Non vi diremo cose scontate; sappiamo che su questo tema avete già sentito milioni di notizie ma cercheremo di dare una chiave di lettura diversa, tentando di capire bene come il popolo italiano ha reagito a questo tsunami sanitario e mediatico. Partiamo con ordine. È la notte tra il 20 ed il 21 febbraio 2020 quando a Codogno si registra il primo caso di coronavirus in Italia. La reazione dei media è immediata: il Tg 1 delle 20.00 del giorno successivo apre con Giorgino che, guardando fisso in camera, inizia con una frase che sa di apocalisse: “Buonasera a tutti: il coronavirus è arrivato in Italia” facendo poi seguire un silenzio scenico incredibile, rendendolo uno dei migliori attori drammatici per tempi, ritmo, e intensità.

Nei giorni successivi è una corsa, quasi goduriosa per certi giornalisti, alla ricerca di nuovi comuni, province e regioni contagiate. Addirittura la prima morte da coronavirus è data da Rds sui suoi social, con un messaggio rapido, quasi come per voler farci intendere la velocità con la quale hanno voluto diffondere la notizia ed evitare la beffa delle altre testate.





Passano alcuni giorni, il contagio si espande velocemente ma (ancora) non troppo. I toni della stampa nazionale sono sempre più gravi e pesanti, con articoli condivisi sui social con didascalie come “+++ DRAMMA CORONAVIRUS +++” o “URGENTE”. Qualcuno comincia a perdere le staffe e si getta a capofitto nei supermercati, riempiendo i carrelli e svuotando corsie intere. Si crea, quindi, una delle situazioni più surreali e no sense (almeno fino a quando Barbara D’Urso non insegnerà come lavarsi le mani o quando reciterà l’ “eterno riposo” con Salvini) di questo periodo: la gente ha paura del virus ma corre nei supermercati, accalcandosi tutti insieme e, quindi, aumentando notevolmente il rischio di essere contagiati.

Nel frattempo sorgono numerosi scontri tra virologi: il più celebre è quello che vede la Gismondo sostenere che l’Italia ed il mondo stiano esagerando nel creare un panico del genere per una semplice influenza mentre il più noto Burioni (che nel frattempo è diventato resident di “Che tempo che fa”), accusa la collega di sottovalutare il virus.





In tutto questo sono passati soltanto alcuni giorni dal caso del paziente 1 di Codogno. I contagi crescono, ma i giornali, i politici e tantissimi personaggi pubblici, in angoscia fino a qualche ora prima, cambiano completamente regime. “#MilanoNonSiFerma” twitta Sala, “#Aperivirus” posta Zingaretti, “Aprire aprire aprire!” urla Salvini nelle sue dirette social, forse ancora convinto di essere alle prese con il ragazzo del citofono di Bologna.

Le zone di Codogno e Vo’ Euganeo sono l’epicentro e dunque già dichiarate zone rosse ma il virus si allarga anche a gran parte del Veneto, Emilia Romagna e Piemonte.

Si arriva alla prima settimana di Marzo. La situazione degenera; vengono annullati concerti ed eventi, si rimandano le prime partite di Serie A. Franco (nome fittizio, ndr), mostrando a tutti di essere un tipo molto sveglio, sotto un post di Fantagazzetta commenta “Allora se hanno fermato il calcio significa che è grave”.

Sicuramente stampa, politica e Giuseppe Conte stesso si saranno resi conto solo allora, dopo il commento del saggio Franco, della reale gravità della questione.





È la sera di sabato 7 Marzo; tanti giornalisti, in evidente crisi di astinenza da scoop, condividono, con tanto di aggettivi apocalittici prima dei post, articoli dei loro giornali che parlano di un’indiscrezione secondo la quale sembra che Conte stia per blindare la Lombardia e alcune province di Piemonte ed Emilia Romagna, rendendo anch’esse zone rosse. L’italiano medio del nord spinge su off il cervello in meno di un secondo e si accalca sull’ultimo treno che lo può riportare vicino a casa, disattendendo in maniera folle a tutte le regole date per evitare il contagio.

Il resto è storia molto recente, riassumibile velocemente così: 8 marzo, “chiusura” del nord Italia.

9 marzo, tutta Italia diventa “zona rossa”.

Le domande pululano: “Ma quindi saremo tutti in quarantena?”,”Ma nemmeno un caffè al bar?”, “A pranzo dai nonni?”, “E dalla mia ragazza?” ma soprattutto “Non posso andare neppure a correre?”.

Le risposte sarebbero scontate, se questo paese fosse popolato per lo pìù da gente con un quoziente intellettivo normale ma, ahimè, non è così: quantità innumerevoli di corridori si riversano nelle strade di tutta Italia, presi da un’improvvisa voglia di diventare atleti professionisti e di fare attività all’aria aperta; ragazzi si ritrovano nei garage a giocare a Risiko, in silenzio, con luce soffusa come se fossero scagnozzi di Pablo Escobar alle prese con una partita di droga, pur di non stare in casa; gli anziani, incuranti di essere la categoria più a rischio, escono per i più futili motivi, andando, ad esmpio, a fare la spesa una volta al giorno.

L’apice comico di tutta questa situazione si raggiunge il 18 marzo, quando un servizio del Tg1 parla dei casi di quegli “anarchici” che violano le regole dei decreti, chiudendo con la frase “Il gruppo di anziani è stato sorpreso a bere un caffè al bar”, creando, nell’immaginario collettivo, una scena che sembra avere più a che fare con una missione di 007 che con la vita quotidiana di un pensionato medio italiano.





Ma oltre che evadere dalla quarantena, il popolo italiano come ha reagito a tutto ciò?

Ovviamente nel peggiore dei modi: sin dagli albori del nostro domicilio forzato, su ogni bacheca di chiunque abbia un profilo facebook, cominciano ad apparire almeno un paio di post al giorno di quell’amico che alle medie non sapeva nemmeno scrivere e che ora, evidentemente diventato nel frattempo tuttologo, condivide un articolo direttamente da “noncielodikono.com” con l’immancabile “FATE GIRARE”, che si (e ci) chiede come mai in Italia ci siano così tanti contagi rispetto alla tanto amata Russia, attaccando il governo per le scelte fatte ed invocando un arrivo dello zio Vladimir in sella ad un cavallo bianco, possibilmente alato.

Piccolo inciso: durante quest’epidemia, se non fosse stato già chiaro prima, un post, un messaggio scritto o vocale che sia, seguito dalla frase “fate girare” in maiuscolo, è la certificazione del fatto che quella che state leggendo/ascoltando non è altro che una boiata pazzesca.


La situazione addirittura peggiora se analiziamo ciò che succede su Whatsapp; anche qua non c’è un giorno in cui non ci sia un boomer che ti gira un messaggio vocale di una mamma che sul gruppo di classe del figlio, ha parlato con un’altra mamma che ha un’amica, parente del cognato di un medico che lavora all’ospedale di Bergamo, nel quale dice che ormai la situazione è drammatica, ormai irrimediabile a tal punto che i medici stanno decidendo chi salvare e chi no.


La vera boccata d’aria, in questo senso, arriva da Instagram. Probabilmente anche poco incline per sua natura a queste notizie, il social delle foto sembra immune a questa follia dell’uomo moderno, tant’è che spesso si trovano meme ed immagini che ironizzano sul virus ma soprattutto sui sopra citati tuttologi del web. Ma è proprio qui che la situazione è talmenta tanto surreale che fa il giro e torna reale. Si perché spesso queste persone che sfottono questi sapientoni dei social sono proprio quelli che condividono spazzatura sui loro profili Facebook, alimentando la diffusione di notizie false e fuorvianti.

In sintesi, le persone su internet sono come nella vita reale; hanno una maschera per ogni occasione.





Le notizie fake che sicuramente almeno un vostro contatto facebook/whatsapp vi ha girato almeno una volta, sono quelle che, come detto prima, riguardano la Russia e questa figura di Putin, inspiegabilmente mitizzata. Tra le più note, c’è la decisione del premier russo di sguinzagliare per le vie della nazione 500 leoni per non far uscire le persone di casa, roba completamente senza senso ma che ha fatto abboccare tantissimi pesci del web.

Altre fake news celebri invece riguardano Conte ed il suo operato. La più famosa è quella secondo la quale il governo pare che abbia già deciso che queste restrizioni dovute al contenimento del virus restino in vigore fino al 31 luglio. La questione raggiunge la sua epicità soprattutto per il fatto che il premier stesso si sia visto costretto a smentire la notizia durante una delle sue conferenze ufficiali, dicendo che quella è si la data limite prevista della fine dell’emergenza, ma che non sarà certo il termine delle misure restrittive che stiamo vivendo adesso.

Chiudendo questa parentesi, citiamo la smentita che il ministero della sanità ha dovuto fare in un post sulla sua pagina facebook verificata, riguardo ad una notizia secondo la quale fare gargarismi con la candeggina, assumendo acido acetico e steroidi proteggesse dal virus; già il fatto che qualcuno abbia creduto a questa notizia, fa riflettere.

Ma non dobbiamo dimenticarci della fake news per eccellenza, quella che rende il nostro italiano medio un vero tuttologo: la bufala del virus nato in laboratorio. Si perché è facile condividere certa roba che abbiamo detto prima; ma solo i veri campioni dell’analfabetismo funzionale possono condividere video come “Coronavirus: è stato il “pipistrello”” di tale Mazzucco, uno dei più grandi produttori di fake news del bel paese (al pari dei vari Lambrenedetto e Saolini). Non siamo certo noi a dirlo, ma il suo curriculum pieno zeppo di complotti, come quelli riguardanti l’11 settembre e l’allunaggio, tra gli altri. Per non parlare del suo sostegno nei confronti del dottor Tullio Simoncini, noto medico radiato dall’ordine e condannato per omicidio colposo ai danni di un giovane ragazzo e della sua famiglia truffata dal malfattore con una falsa cura anticancro con l’uso del bicarbonato.

Tornando al video, il nostro bufalaro ironizza sul pipistrello, considerato dagli scienziati, insieme al pangolino, uno tra i possibili serbatoi che hanno trasmesso il virus dall’animale all’uomo, che nella copertina del video compare sopra alla bandiera degli Stati Uniti. Mazzucco, infatti, sostiene che gli Usa siano responsabili della propagazione del virus in quanto sarebbero presenti in una lunga serie di “coincidenze”, alcune traballanti e bizzarre, che non dimostrano nulla; una di queste è, ad esempio, la presenza di una delegazione americana nella regione di Hubei poco prima dello scoppio dell’epidemia.


Insomma, questo ed altro gira sul mondo dei social network, croce e delizia dei nostri tempi; se da un lato ci permette di sentirci meno soli in un momento così diffcile, dall’altro è detonatore di notizie fuorvianti che fanno male a tutti. Queste fake news, spesso “urlate”, accompagnate da toni pesanti, sono bombe atomiche lanciate contro la psiche delle persone, già molto provate da tutto ciò che ci succede intorno.

Servirebbe semplicemente silenzio. SI-LEN-ZIO. Parola di per se semplice ma ormai diventata difficilissima da mettere in atto. Chi non sa, non parli e lo lasci fare invece a chi è competente e conosce dinamiche del virus, della sua propagazione, e delle sue trasformazioni. Non stiamo giorno e notte collegati alla ricerca spasmodica di notizie, di santoni che parlano di complotti e che dicono di possedere la verità assoluta di tutto, di persone o entità a cui dare obbligatoriamente la colpa di questa situazione . Fidiamoci di chi comanda e prende le decisioni per il bene della collettività e, una volta per tutte, cerchiamo di smettere di essere santi, poeti, navigatori, esperti di musica, commissari tecnici, statisti, virologi.


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