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L'estate del '76 e il mancato "grande sorpasso"



Il 20 giugno 1976 il termometro segnava 30 gradi e il sole splendeva sulla maggior parte di Italia. Ma stranamente rispetto alle usuali calde domeniche estive, non si vedeva molta gente affollare le spiagge delle nostre coste. L’Estate del ’76 fu l’estate del grande successo di Margherita di Riccardo Cocciante, suonata e risuonata in tutti i jukebox, e in cui finalmente il Torino, guidato da un favoloso Paolo Pulici, tornò a vincere lo scudetto, dopo la tragedia di Superga. Ma un altro evento è impresso indelebile nella mente degli italiani dell’epoca, e non è né il calcio, né la musica ma le elezioni politiche del 20-21 giugno del 1976, ovvero le prime elezioni in cui il Partito Comunista Italiano (PCI) ha rischiato seriamente di “sorpassare” la Democrazia Cristiana (DC).


1. LA SITUAZIONE POLITICA INTERNA


Dal ’73 al ’76 il clima politico del Paese era ricco di contrasti e di scontri che intrecciavano il dibattito politico su eventi internazionali e su eventi nazionali. Per quanto riguardava il piano interno due forze agivano contrastanti nella politica italiana: le tragedie drammatiche del terrorismo Nero e Rosso che segnò l’inizio degli anni di piombo e le grandiosi conquiste in termini di diritti civili. I due grandi attentati di quegli anni sono: nel maggio del 1974 l’attentato di Piazza della Loggia a Brescia, di matrice neofascista e organizzata da Ordine Nuovo, che portò alla morte di 8 civili e pochi mesi dopo, il 4 agosto del 1974 la strage del treno Italicus, che portò 12 morti e innumerevoli feriti, sempre di matrice destrorsa. Ma da sinistra non la risposta non si fece attendere, infatti dal 1974 iniziarono i primi omicidi politici della Brigate Rosse (BR), che avranno tutti lo stesso drammatico iter: sequestro, rivendicazione pubblica, “processo” proletario e esecuzione. Il primo sequestrato fu il sostituto procuratore Mario Sossi, il quale era pubblico ministero nel processo contro il gruppo marxista-leninista “Gruppo XXII Ottobre”, e che fu liberato dalle BR in cambio della scarcerazione di otto “compagni”, nell’Aprile del ’74. Mentre il primo uomo di stato ucciso dalle BR fu di pochi giorni prima delle elezioni: l’8 giugno del 1976 un nucleo armato guidato da Mario Moretti colpì mortalmente il procuratore generale Francesco Coco e due militari della sua scorta. Il collegamento con le imminenti elezioni fu reso noto anche dalle BR stesse, che nel volantino di rivendicazione furono abbastanza lapidarie:


Chi ritiene oggi che per via elettorale si potranno determinare equilibri favorevoli al proletariato… indica una linea avventuristica e suicida. L’unica alternativa al potere è la lotta armata per il comunismo”.


Sul tema dei diritti civili invece la data da ricordare è il 12/13 maggio del 1974, giorni nei quali si tenne il referendum per abrogare la legge sul divorzio, introdotta pochi anni prima dal socialista Loris Fortuna e dal liberale Antonio Baslini. Il referendum è il primo vero banco di prova per le future elezioni, poiché abbiamo da un lato sul fronte del “SI” la Democrazia Cristiana insieme al Movimento Sociale Italiano mentre sul fronte del “NO” il PCI insieme al Partito Liberale, il Partito Repubblicano e il Partito Socialista. Il risultato fu un totale trionfo per le istanze laiche di questo Paese: il fronte del “NO” ottenne quasi il 60% dei voti, e la legge sul divorzio conseguì quindi il lasciapassare da parte del popolo. Era il segno lampante che la società italiana stava mutando, abbandonando la tradizione rurale e clericale verso una più moderna società laica e consumistica, o per usare le parole di Pasolini, scritte pochi mesi prima del referendum:


La gente non sente più non solo il prestigio ma neanche il valore della Chiesa. Ha inconsciamente abiurato da una delle sue più cieche abitudini. […] Oggi, per la prima volta, si delinea per la DC la possibilità di una sconfitta: le masse di consumatori che le sono sfuggite di mano, formandosi una nuova mentalità moderna, il crollo dell’organizzazione ecclesiastica e del suo prestigio, espongono la DC alla sconfitta”.



L'esito del referendum fu interpretato come una dura sconfitta personale per Amintore Fanfani, visto come l'attore principale del fronte del “SI”, mentre risultò la prima grande vittoria del nuovo leader del PCI, Enrico Berlinguer, diventato segretario solo due anni prima. Il colpo fatale alla leadership di Fanfani non tardò molto ad arrivare e avvenne poco più di un anno dopo, alle elezioni amministrative del 1975, il cosiddetto “terremoto del 15 giugno”. Le elezioni coinvolsero più di 80 province e più di 6.000 comuni, il risultato complessivo fu un totale trionfo per la sinistra, con comunisti e socialisti che globalmente videro aumentare i propri voti del 13% mentre la DC perse più del 3%. In molte città tra cui Torino, Genova, Milano, Roma e Napoli, il PCI divenne il primo partito e si diffusero le “giunte rosse”, organi simili ai soviet russi, destinati a creare l’attesa, o il timore, di radicali mutamenti politici. Per la prima volta dalla nascita della Repubblica si iniziò a parlare della possibilità di un “sorpasso”, un’evenienza che, per taluni settori della società, della politica e delle istituzioni, divenne particolarmente angosciante. A causa di ciò, il mese successivo, durante il XIII° Congresso nazionale, la crisi interna alla DC esplose, portò alle dimissioni di Fanfani e all’avvento di Zaccagni, soprannominato l'onesto Zac, esponente della corrente più vicina a Aldo Moro ed al dialogo con il PCI.


2. LA SITUAZIONE INTERNAZIONALE


Anche sul piano internazionale, gli eventi di quegli anni furono particolarmente rilevanti e trascinarono le loro conseguenze anche sul piano nazionale. Nel 1973, a seguito della guerra tra Egitto e Siria contro Israele, meglio nota come guerra dello Yom Kippur, poiché scoppiata il giorno dell’omonima festa ebraica, scoppiò la prima grave crisi energetica globale. Infatti, i paesi arabi associati all'OPEC (l'organizzazione dei paesi esportatori di petrolio) decisero di sostenere l'azione di Egitto e Siria tramite robusti aumenti del prezzo del barile ed embargo nei confronti dei paesi maggiormente filoisraeliani. Le misure dell'OPEC condussero ad una impennata dei prezzi e ad una repentina interruzione del flusso dell'approvvigionamento di petrolio verso le nazioni importatrici. Ciò si tradusse in Italia, in un aumento del prezzo del petrolio di più del 300%, e con la fine definitiva del grande ciclo espansivo industriale del dopoguerra. È proprio di quegli anni la nascita in Italia dei primi movimenti “green” e dei primi seri dibattiti su fonti di energia alternative rispetto al petrolio stesso. Le conseguenze immediate sugli indicatori macroeconomici italiani furono drammatiche: dai gloriosi anni ’60 in cui il PIL Italiano crebbe a tassi cinesi, si passò nel 1976 a una contrazione del PIL del 4% e a un inflazione galoppante a tassi anche oltre il 15%. Ufficialmente eravamo entrati in quella che gli economisti chiamano stagflazione, ovvero un’inflazione senza crescita. L’altro grande evento internazionale fu lo scoppio, tra la fine del 1975 e l’inizio del 1976 in America, dello scandalo Lockheed. Lo scandalo consistette nella scoperta che l’industria aereonautica americana Lockheed pagò tangenti a esponenti di partito e militari in tutto il mondo per vendere i suoi aerei da trasporto bellici. L’affaire colpì Giappone, Germania Ovest, Paesi Bassi ma soprattutto l’Italia, dove venne reso noto dai giornali a Marzo del 1976 e subito dopo venne creata una commissione d’inchiesta parlamentare (commissione che verrà poi sciolta e ricreata dopo le elezioni di giugno). Lo scandalo fu visto dall’opinione pubblica come un’accusa diretta alla classe politica italiana democristiana che aveva governato dal dopoguerra fino ad allora, mentre diede una patina di onestà e purezza al PCI e linfa vitale al nuovo partito politico antisistema guidato da Marco Pannella, il Partito Radicale, che entrerà per la prima volta in parlamento con 4 seggi, proprio nelle elezioni del ‘76.


3. LE ELEZIONI


Il jolly finale del PCI in vista della campagna elettorale venne giocato solo 5 giorni prima della chiamata alle urne degli Italiani, con una lunga intervista sul Corriere della Sera fatta da Giampaolo Pansa ad Enrico Berlinguer. Il segretario del PCI annunciò pubblicamente l’offerta di una collaborazione con la DC per combattere il terrorismo e, nel tentativo di rassicurare parte del ceto medio-borghese, accettò per la prima volta il principio secondo cui l’Italia non sarebbe dovuta uscire dalla NATO – l’alleanza militare sottoscritta con gli Stati Uniti nel 1949. Era la nascita del “compromesso storico”, già teorizzato da Berlinguer nel ’73 e volto al superamento di un tradizionale cavallo di battaglia dell’opposizione comunista, in nome della nascita di un governo di “solidarietà nazionale”. Se da una parte l’intervista suscitò aspre critiche all’interno dell’ala radicale del partito, dall’altra favorirà un travaso di voti moderati ed estremisti verso il centro: “turatevi il naso, ma votate DC” fu il celebre incitamento di Indro Montanelli ai suoi lettori del neonato Giornale.


Ma arriviamo adesso finalmente alle elezioni. Queste vennero indette anticipatamente rispetto alla naturale scadenza della precedente legislatura, a causa del crollo del governo Moro V, furono articolate in due giorni attraverso un sistema di voto proporzionale puro, in cui per la prima volta nella storia repubblicana vide i diciottenni recarsi alle urne. L’affluenza fu altissima e toccò quasi il massimo storico con il 93,4%. I risultati non delusero nessuno delle due parti in gioco: la Democrazia Cristiana si rivelò ancora vitale, mantenendo la maggioranza dei consensi con uno stabile 38,7 % e solo 4 seggi in meno rispetto alle precedenti elezioni, mentre il PCI si posizionò a soli 4,3 punti percentuali dalla DC con il 34,4% dei voti e 74 seggi in più. “Un italiano su tre vota comunista queste furono le parole di Berlinguer la sera dello spoglio. A pagare le conseguenze del rischio “sorpasso” furono perciò principalmente i partiti minori di area centrista e liberale quali il Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI) che perse 20 seggi e il Partito Liberale che ne perse 21, ma anche l’estrema destra del Movimento Sociale Italiano, i cui gli elettori, ascoltando il consiglio di Montanelli, le fecero perdere ben 30 seggi. I risultati elettorali mostrarono come fosse inevitabile aprire una nuova fase politica che coinvolgesse il PCI: il 5 luglio un suo esponente di spicco, Pietro Ingrao, venne eletto Presidente della Camera, primo comunista a ricoprire tale ruolo. Poche settimane e il 30 luglio giurò il Governo Andreotti III, monocolore democristiano, il quale ottenne la fiducia del Parlamento grazie all’astensione decisiva (o “non sfiducia”) del Partito Comunista: era ufficialmente iniziato il Compromesso Storico.





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