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“Non è dalla benevolenza […], ma dalla cura che essi hanno per il proprio interesse.”

Autore:#MarioKaraboja



Adam Smith fu un filosofo ed economista scozzese del diciottesimo secolo, spesso definito il padre dell’economia moderna per il suo libro “La ricchezza delle nazioni”, che non si limita al solo studio dell’economia ma anche alla psicologia sociale.


In passato la ricchezza di un paese era vista come l’ammontare di oro ed argento da esso posseduto. Da ciò ne derivava che l’importazione (consumo di beni prodotti all’estero) avrebbe danneggiato la ricchezza del paese, poiché appunto ne avrebbe ridotto le riserve dei metalli, usati per il pagamento. Contrariamente, esportare, avrebbe giovato alla nazione, poiché avrebbe aumentato queste riserve.


Smith dimostrò che questa visione non rappresentava la realtà: la ricchezza di una nazione non poteva essere rappresentata solamente dalle scorte di oro ed argento nelle casseforti, ma piuttosto dalla somma totale della produzione e del commercio (transazioni), quello che oggi chiamiamo Prodotto Interno Lordo (PIL). Questo pensiero rivoluzionò il modo di pensare dei politici di allora ed è stato il fondamento del diciannovesimo secolo.


Il padre dell’economia sosteneva che la libertà e l’interesse personale avrebbero condotto all’ordine e all’armonia, tutto questo grazie a quella che viene definita come “mano invisibile”. Questa idea presumeva che la prosperità della società sarebbe cresciuta come conseguenza della natura umana e non del controllo dei re e ministri. Egli pensava che si potesse crescere meglio in un mercato competitivo, di libero scambio e senza coercizione. Nonostante la complessità della natura umana, Smith dimostrò come l’interesse personale possa convivere con la voglia di aiutare gli altri, sia da un punto di vista morale che economico.


L’idea di Smith è frutto del suo tempo, ma cosa è cambiato, se è cambiato, nel secolo attuale?



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