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Una tenda sull'autostrada

Percorrendo l’Autostrada A1, nell’area direzionale di Firenze Nord, ai margini del percorso stradale, appare inaspettatamente agli occhi del viaggiatore una struttura dall’inconsueto impianto formale. Sta lì ferma, contrasta il movimento dei veicoli che le sfrecciano accanto e che quasi la gonfiano nella sua struttura simile ad una tenda: UNA TENDA SULL’AUTOSTRADA! “Fu un fatto straordinario…[1], ricorderà il suo autore.

La Chiesa dell'Autostrada di Giovanni Michelucci
G. Michelucci, Chiesa dell'Autostrada, 1960-64

L’OPERA

Uno dei maggiori capolavori dell’architetto Giovanni Michelucci, la Chiesa di San Giovanni Battista, conosciuta anche come Chiesa dell’Autostrada, vede la luce tra il 1960 e il 1964.

L’immagine della tenda è presente sin dalle prime elaborazioni di Michelucci sia grafiche che plastiche: ad esempio, i primi modellini in creta e bronzo del 1961 testimoniano il definirsi ormai dell’idea di ampie piegature originate dalla cuspide più alta e animate da irte tensioni verticali.


L’autore stesso darà spiegazione ricordando un’epistola di San Paolo ai Corinzi in cui si paragona la vita terrena degli uomini ad una tenda, un riparo cioè temporaneo, al quale corrisponde nei cieli una dimora eterna: essa non ha infatti una forma prestabilita e fissa ma si modella sulla natura e sull’andamento dei sostegni, si modifica sotto all’azione del vento o al peso della pioggia.

Com’è tipico delle architetture di Michelucci, l’involucro esterno si identifica con l’architettura stessa e così essa finisce immediatamente a configurarsi con una tenda.


Tale definizione non è però del tutto fissa e invariabile se si considera, ad uno sguardo più attento, la tendenza della struttura ad assumere una conformazione sempre più scoscesa e sommossa, simile ad un monte: al tema della tenda si unisce perciò quello della montagna, o meglio del Golgota, che i fedeli possono scalare in un percorso penitenziale (e realmente percorribile internamente).

L’interno della chiesa è caratterizzato dalla presenza di alcuni elementi fondamentali della produzione michelucciana: l’evidente ossatura strutturale; i pilastri-albero ramificati che si collegano sulla sommità alla tenda attraverso nervature e che sostengono la copertura drappeggiata e digradante dall’aula alla sopraelevata cappella dei matrimoni e alla galleria delle regioni; la fluidità spaziale.


La copertura drappeggiata, i pilastri-albero ramificati, il percorso sopraelevato
Interno della Chiesa dell'Autrostra, notare la copertura drappeggiata, i pilastri-albero ramificati, il percorso sopraelevato

L’UMANESIMO DI MICHELUCCI

Nel suo operare, infatti, Michelucci tiene sempre al centro l’uomo con i suoi bisogni, le sue esigenze, le sue necessità, i suoi problemi.

La fede più profonda dell’architetto è infatti quella che egli ripone nel proprio lavoro, perché in esso riscopre la possibilità di sentirsi nascere ogni giorno, e poiché è in esso che si realizza l’opportunità di lasciare un’impronta, quel desiderio così profondo di creare qualcosa affinché gli uomini ne prendano coscienza: è infatti nella creazione che

“trovo la ragione di tutto quel che faccio. [...] Bisogna concepire la vita in modo che porti ad una attività continua, incessante, ed ad un continuo disporsi per l’avvicinamento degli uomini e della natura[2].

Inoltre, il cantiere della Chiesa dell’Autostrada coinvolge numerosi artisti quali Emilio Greco e Venanzo Crocetti, autori dei dieci bassorilievi nella galleria; Bruno Saetti che realizza un bassorilievo a tessere vitree raffigurante gli Angeli lungo il percorso sopraelevato; Luigi Montanarini e il suo mosaico a tessere vitree per l’altare ad est dedicato alla Vergine; Iorio Vivarelli ed il suo crocifisso bronzeo per quello ad ovest; Angelo Biancini e la sua scultura in pietra arenaria per l’Altare degli sposi.

Il rapporto di Michelucci con l’arte è perciò evidente, qui come in molte altre opere; questo trova una spiegazione, considerando il coinvolgimento dell’espressione artistica all’interno di un cantiere architettonico, nello scopo di innalzare il livello auratico della comunicazione della sua opera, di sottrarla cioè alla mera funzione per attribuirle un significato più alto.

Costruire, insomma, uno spazio inteso micheluccianamente come “tutto ciò che uno si porta dietro” in cui “è sufficiente la presenza di un ambiente sociale vivo[3].

Ma questa modalità operativa fondata sulla collaborazione di creatività diverse, quasi da laboratorio collettivo, trova un’ulteriore e più profonda spiegazione se si considera quella felicità che, secondo le parole di Michelucci, invade l’architetto quando fonda un clima di lavoro basato sul termine “collaborazione” esteso agli uomini e alle cose. Una comunione d’intenti, quella tra architetto e artista, volta a servire una funzione: raggiungere un significato universale in termini di pura fantasia.


Nel lavoro collettivo basato su un’unità d’intenti si supera il ruolo individualista, autoreferenziale ed egemonico dell’architetto, cosicché Michelucci sente di poter realizzare un’architettura in grado di partecipare e interpretare la serenità, i dolori, le preoccupazioni, le attese, più in generale l’essere dell’uomo alla vita.

È qui che si esplica tutto il senso di quell’umanesimo michelucciano, attraverso cui egli pensa sempre in termini collettivi e mai individuali, convinto, ricorda Mario Luzi, che qualcosa di nuovo su cui riflettere possa venirgli anche da chi di architettura non sapeva nulla; citando ancora Luzi: “È questo l’umanesimo di Michelucci: la città come comunità umana ha sorretto tutto il suo discorso. Anche le sue pagine scritte sono alimentate da questa attenzione, che è tipica di un umanista”[4].

La Chiesa dell'Autostrada di Giovanni Michelucci
G. Michelucci, Chiesa dell'Autostrada, 1960-64

Tutto questo è la Chiesa dell’Autostrada, capolavoro dell’architettura moderna che “nasce da una speranza di pace. Nasce per dare una risposta al nuovo nomadismo dell’uomo che cerca la pace. Nasce da quell’idea di chiesa itinerante che è frutto di questa ricerca di pace. Nasce da un bisogno di rivoluzionare lo spazio sacro”[5];

l’“opera di un singolo, architettura sacra prodotta da un singolo in nome e per una comunità”[6].

[1] G. Michelucci cit. in M. Dezzi Bardeschi, Giovanni Michelucci. Il progetto continuo, Alinea, Firenze, 1992, p. 124. [2] G. Michelucci, Dove si incontrano gli angeli. Pensieri, fiabe, sogni, a c. di G. Cecconi, Fondazione Michelucci – Carlo Zella, Fiesole-Firenze 1997, p. 102. [3] Ibid. pp. 16-17. [4] Intervista di M. Mostardini a Mario Luzi, L’umanesimo di Michelucci, “La Nuova Città”, n.1/VIII, 2001, p. 69. [5] Ibid. [6] Ibid., p. 70.

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