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Viaggio ultraterreno nei gruppi “Sei di…se”

Una raccolta di gruppi Facebook
I fantomatici gruppi di Sei di...se

Qualche giorno fa, come sempre subito dopo aver pranzato, ho preso il telefono e ho cominciato il mio consueto giro quotidiano su Facebook. Mi sono iscritto al social di Zuckerberg nel lontano 2008 e da allora di cose ne sono cambiate: se prima era usato dai giovani e giovanissimi per condividere foto, stati d’animo e per chattare con i coetanei, adesso viene usato (da me, almeno) soltanto per leggere le notizie postate dalle pagine dei quotidiani. La mia home infatti é composta per lo più da news, editoriali e meme (che non possono mai mancare). In mezzo a tutto ciò, molto (anzi troppo) spesso, appaiono come funghi i post del gruppo “Sei di...se”. Chiunque, almeno per un breve periodo della propria esistenza social, ha fatto parte di uno di quei gruppi pieni di concittadini, denominati “Sei di...se”, con il nome della propria città in mezzo.

Questi gruppi sono nati nel 2014 e l’obiettivo iniziale era quello di potersi indentificare in un luogo, in un oggetto o in un’usanza comune agli abitanti della città interessata. Il post che mi é apparso era questo:


Mi raccomando, scaricate Immuni!

Parliamoci chiaro: é giusto cercare di spronare le persone a scaricare “Immuni” al fine di poter tenere sotto controllo la pandemia, ma non c’entra di fatto granché con l’idea iniziale del gruppo. Ma non finisce qua: nei commenti si é scatenato l’inferno ed una signora, rispondendo, chiosa con una citazione che fa molto Gianluca Vacchi:


“No, resilienza.” Mic drop!

Così ho deciso di farmi del male e di entrare nella home page del gruppo, alla ricerca di altri post/commenti di questo tipo. Da qui parte un’esperienza psichedelica, quasi ultraterrena. Mi sembra di essere improvvisamente come Dante che attraversa il fiume insieme a Caronte e i dannati. A differenza del sommo poeta, non navighiamo nell’ Acheronte ma su un fiume di bile sputata dai miei compaesani che con le loro polemiche spingono l’imbarcazione a volte qui a volte la.

Mi guardo attorno e capisco che proprio come nelle cantiche dantesche, anche qui ognuno ha la propria cerchia. Esco immediatamente dal gruppo, alla ricerca di un altro uguale ma di un’altra città, nella speranza di “riveder le stelle”; dopo pochi minuti mi rendo conto che al variare del nome del paese, non varia la situazione. Credete che stia esagerando? Guardate un po’:


Quasi, ahinoi...

Questo è uno di quei post. E come questo ce ne sono davvero tanti.

La caratteristica principale dei “creatori di contenuti” di questa cerchia è la capacità di trasformarsi in pochi secondi da virologi ad economisti, da commissari tecnici a parlamentari, da ingegneri a filosofi. Devo dire che questa è una caratteristica generalizzata dell’utente facebookiano medio e, ovviamente, anche in questi gruppi non può mancare (che poi, detto fra noi, questa tipologia di gente, spesso e volentieri, non sa assolutamente niente di quello che dice).

Informazioni random scollegate dal senso del gruppo

La peculiarità dei personaggi che ho incontrato nella seconda cerchia é questa che vedete in queso post datato 23 aprile, ovvero la capacità di condividere articoli che non hanno nessun tipo di collegamento con il senso del gruppo. Tralasciando la fonte (che spesso è poco attendibile), in questi gruppi viene lanciato qualunque cosa come se ognuno condividesse i contenuti su proprio profilo personale; perché non farlo lì e basta allora, dove (fortunatamente) in pochi lo vedrebbero? Cosa non si fa per un pugno di likes…


Polemica sull’ex governatore Rossi


Polemica sui vigili

Polemica per dei lavori non svolti: Triplete!


La terza ed ultima cerchia che ho incontrato prima di rientrare in me é la più stoica, la più gagliarda, la più decisa: sto parlando dei polemizzatori seriali, quelli che litigano per ogni cosa, coloro a cui non va sistematicamente bene mai nulla. Sono i più coraggiosi perché non fanno altro che urlare, lamentarsi, sbraitare qualunque cosa succeda. Sono fondamentalmente loro, con i loro nervi a fior di pelle, a mandare avanti, grazie al loro odio, il clima di rabbia e frustrazione che c’è all’interno di questi gruppi

Al di là di tutto ciò, occorre fare un discorso serio riguardo alla questione. L’idea che sta alla base di questa tipologia di community può essere piacevole e divertente; ci può permettere di conoscere aspetti del passato, dei luoghi che quotidianamente viviamo e interagire con persone che conoscono e hanno la nostra stessa identità territoriale. Il problema, tipicamente italiano, è che tutto ciò parte sempre da un campanilismo esagerato, a volte inconscio, che porta ad attaccare prima lo straniero, poi l’abitante delle regioni vicine, poi quelli che vivono nelle provincie e città confinanti ed infine i concittadini stessi. Chiudersi sempre di più a riccio, dentro se stessi, non fa altro che staccare l’individuo dalla realtà che è fatta di relazioni sociali, di interazione con gli altri. Queste, nella quotidianità, sono spesso persone equilbrate ma che si trasformano entrando sui social, diventando i cosiddetti leoni da tastiera. Occorrerebbe rivedere l’utilità di questi gruppi, servirebbe un maggior controllo da chi li gestisce e più serenità in chi ci crea contenuti. Anche perché poi chiudi facebook, torni alla vita reale e ti rendi conto che i tuoi sfoghi social non servono a nulla se non a peggiorarti la giornata!

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