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Andrea Bellini

Cosa possiamo imparare dal fallimento della Superlega?


Il calcio del popolo
Il fallimento del progetto Superlega

Uno degli argomenti più discussi nell’ultimo mese é stato sicuramente il progetto della SuperLega di calcio. Pensato da tempo, finalmente ideato e annunciato tanto in fretta quanto abbandonato (almeno temporaneamente). Di articoli che discutono della natura del progetto, delle reazioni dei tifosi e dei motivi per cui sarebbe stato un concetto sbagliato ce ne sono molti e quindi non intendo ripetere gli stessi argomenti. Pezzi di eccellente fattura come questo, o questo de L’Ultimo Uomo sono consigliati per chi volesse approfondire l’argomento, oppure anche solo rinfrescare la tematica.


L’annuncio del progetto SuperLega ha inevitabilmente suscitato polemiche e ripresentato questioni latenti da tempo. Riforme nel calcio, più in generale dello sport, sono necessarie. Non é una novità. Da tempo i maggiori campionati nazionali sono appannaggio di pochi club, i più ricchi e i più potenti sul mercato. Sia chiaro, non si tratta di un fenomeno circoscritto agli ultimi tempi. Il fatto che i campionati, così come le coppe, siano una prerogativa di pochi e che un cambiamento per rendere il gioco più equo sia necessario è materiale di discussione da anni.

La questione semmai riguarda il modo in cui il problema é stato affrontato. Di fronte all’esigenza di un’innovazione che desse più opportunità alle realtà meno affermate, che abbracciasse il concetto di sport come competizione equa tra tutti - i più forti e i meno forti, i più ricchi e i meno ricchi - il progetto della SuperLega é sembrato una risposta che suggerisse di isolare i più potenti e allontanare tutti gli altri.

Sarebbe interessante affrontare l’argomento da un punto di vista maggiormente ampio. Come già sostenevo in altri articoli, lo sport non solo é metafora della vita ma ne racchiude anche tematiche che si possono estendere a diversi ambiti. Il discorso della ridistribuzione della ricchezza nella società, la necessità di ridurre il divario tra ricchi e poveri, di fermare quella forbice che si sta aprendo sempre più non é solo prerogativa di sociologia e scienze sociali. Lo sport fa parte della nostra vita e di conseguenza ne incorpora le problematiche. Di fronte a questa questione di tremenda attualità, il messaggio che é trasparso dal progetto della SuperLega e dai suoi protagonisti é sembrato essere sostanzialmente che i ricchi si vogliano isolare, creare delle bolle in cui solo loro e pochi altri eletti possano fare parte. Vedo già qualcuno storcere il naso e alzare gli occhi. Sì, ovviamente non é una novità. È cosi dai tempi delle monarchie, dai tempi del feudalesimo, accidenti persino dai tempi dei Romani e dei Greci! Eppure vi é una sostanziale differenza. I tempi ora sembrano essere maturi per un cambiamento. Recentemente si é potuta osservare una maggiore coscienza riguardo a tematiche e problematiche sociali.

Attenzione, con questo non intendo etichettare la SuperLega e i club coinvolti come il demonio. Non devono infatti passare inosservate le contraddizioni di FIFA e UEFA che negli ultimi anni non sono riuscite a proporre un piano di riforma adeguato. Si aggiungono poi le polemiche relative ad un fair play finanziario la cui efficacia lascia più di un dubbio. Le perplessitá legate a trasferimenti da cifre mostruose. Recentemente la Lega Serie A é finita nell’occhio del ciclone per aver annunciato che la nuova formula della Coppa Italia coinvolgerà solamente i club di Serie A e di Serie B, escludendo tutte le squadre di Serie C. La notizia é stata comunicata qualche settimana dopo il caos creato dalla SuperLega, creando numerose polemiche.


Ho letto diversi commenti sui social da parte di tifosi che commentavano negativamente riguardo ai posticipi del sabato sera tra squadre di mezza e bassa classifica, suggerendo di non essere ipocriti e come in fondo non ci sia alcun interesse a seguire match di questo tipo. Sicuramente, in tutta onestà, si può concordare che gli incontri tra squadre di alta classifica, tra le cosi dette “big”, suscitino maggiore interesse, ed è inevitabile che nell’era dei diritti tv gli interessi di natura economica prevalgano su quelli di natura prettamente sportiva. Tuttavia, per un vero tifoso vedere la propria squadra del cuore giocare sarà sempre un momento magico, che la squadra sia prima o ultima.

In un articolo di Novembre 2020 raccontavo delle emozioni di un tifoso scozzese per la propria squadra del cuore, pur non essendo un top club. Proprio in Scozia il problema dei top club è particolarmente sentito. La stagione appena terminata è stata vinta dai Glasgow Rangers dopo nove anni di attesa. Tutti i campionati precedenti sono stati vinti dal Celtic Glasgow. Con il fallimento e la retrocessione dei Gers (soprannome dei Rangers) nel 2011 e la conseguente assenza dell’Old Firm ad attirare telespettatori, il campionato scozzese è letteralmente scomparso dai radar. Da anni il campionato è appannaggio dei due club piu ricchi. Nonostante ciò, le coppe nazionali rimangono motivo di speranza per i club minori e fonte di emozioni, come la vittoria degli Hearts di Edimburgo nel 2014 o l’improbabile trionfo degli Hibernian nel 2016.


Il dibattito sulla SuperLega spalanca le porte su una serie di problematiche tipiche dello sport ma non ad esso limitate. Come detto, la questione della disparità tra ricchi e meno ricchi spinge per la ricerca di una nuova formula che garantisca maggior equilibrio ed opportunità. Se dobbiamo cercare una soluzione perché non partire dal basso, dalle fondamenta invece che dal tetto? Di settori da riformare ce ne sarebbero molti, a partire da quello giovanile sempre più abbandonato a se stesso ed in balia di procuratori che si scannano per avere l’esclusiva sul prossimo talento. Le piccole realtà, soprattutto quelle di provincia sono spesso in difficoltà economica e, volente o nolente, devono anteporre gli interessi economici a quelli dei loro giovani atleti. Perchè non includere anche la questione del calcio femminile, costantemente messo in secondo piano e gettato nel dimenticatoio? Mentre in questi giorni si discute del caos generato dall’esclusione di una ragazza ad un tavolo di soli uomini, durante la cena per la Partita del cuore. In Olanda è stata recentemente approvata una riforma che permette alle ragazze di giocare in squadra con i colleghi maschi.


In Inghilterra, a seguito delle proteste dopo l’annuncio della SuperLeague i tifosi del Liverpool, rappresentati dal gruppo Spirit of Shankly, hanno negoziato con il club al fine di essere rappresentati nel board della societa.


Alla luce di queste riflessioni, il progetto della SuperLega può piacere o non piacere ed ognuno di noi è libero di considerarlo giusto o sbagliato. Lo scopo di quest’articolo è mettere in evidenza come il concetto non possa funzionare se lo si intende come una riforma del calcio e, più in generale, di un settore, quello sportivo, che giá da tempo soffre di forti disparitá.

Di fronte all’idea di un torneo per pochi eletti, si vuole far notare che recentemente l’Atalanta ha conquistato la qualificazione in Champions League per il terzo anno di fila. In Inghilterra, il Leicester ha vinto l’FA Cup per la prima volta nella sua storia. Il Villareal ha vinto la sua prima Europa League dopo una cavalcata trionfale, la città più piccola ad aver mai conquistato una coppa europea nella storia del calcio. In Francia il Lille ha vinto il campionato dopo dieci anni.

Il fatto che le piccole realtà possano compiere grandi imprese rappresenta una delle tante emozioni che il calcio, e lo sport in generale, ci regalano. Facciamo in modo che ciò accada con maggior continuità.



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