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I diritti invisibili dei lavoratori nella filiera della moda



Escif è un artista di Valencia che all’interno delle sue opere inserisce una profonda critica nei confronti della società. “Fashion victim” è un murale realizzato nella sua città di origine in cui denuncia lo sfruttamento dei lavoratori all’interno della moda. La sua opera esprime perfettamente la società odierna: difatti, secondo il rapporto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro sullo sfruttamento minorile, oltre 74 milioni di bambini vengono sfruttati in lavori ad alto rischio, a contatto con macchinari pericolosi e sostanze dannose per la salute. In particolar modo, il settore in cui viene sfruttato il lavoro minorile è quello dell’industria tessile.


Secondo un’indagine di Clean Clothes Campaign, un lavoratore del Bangladesh guadagna un quinto rispetto a quanto gli è necessario per vivere, in India un terzo. Non pensiamo che la situazione sia così migliore in Europa perché in Serbia, Ucraina, Bulgaria e Croazia un lavoratore recepisce un quarto di quello che gli serve per il sostentamento: tutto questo nonostante gli straordinari generalmente esorbitanti.


Inoltre, nel settore della moda c’è una disparità di salari tra uomini e donne evidente. Tutto ciò è causa anche della delocalizzazione produttiva nei paesi in cui i costi della produzione sono minori e le legislazioni lavoristiche più flessibili. Stiamo parlando, principalmente, dei marchi che offrono capi fast-fashion che inducono i consumatori ad acquistare molti più vestiti ad un costo sempre più basso e l’effetto a tenaglia che si produce è alta competitività che favorisce lo sfruttamento dei lavoratori, gli infortuni sul lavoro e un salario indegno.

Per contrastare le tutele quasi inesistenti e i salari di povertà, è fondamentale un maggior sostegno per tutte le imprese che perseguono pratiche più sostenibili e l’introduzione di criteri più rigidi e sanzionatori nei confronti delle imprese che non le rispettano.


È necessario, però, che anche i consumatori effettuino scelte più consapevoli: quanto deve restare ancora nell’ombra il fatto che per una t-shirt di 29 € soltanto lo 0,6% del costo di questa costituisce la paga per i lavoratori?

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