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Il presente, questo sconosciuto.


Noi, esseri umani, non solo sbagliamo a prevedere cosa succederà nel futuro, ma spesso, interpretiamo male come le cose, che abbiamo già provato, ci faranno sentire quando accadranno di nuovo. Proprio per questo motivo non impariamo dai nostri errori e tendiamo a ripeterli.


Secondo Kanheman, Nobel per l’economia, quando prendiamo in considerazione noi stessi come persone, dovremmo pensarci in termini di due Sè, un “Sè che ricorda” e un “sé che vive le esperienze”.

Il primo è un cantastorie. La nostra memoria ci racconta storie, ossia, quello che ci rimane delle nostre esperienze.

Mentre il secondo, affronta la sua vita in maniera continua, con momenti che si susseguono. Purtroppo però la maggior parte di questi non lasciano traccia, vengono perduti, poiché essi, che chiamiamo presente psicologico, durano all'incirca tre secondi.

Quelli che non vengono persi, vengono catturati dal “se che ricorda” che però, li modifica, sia a causa del ricordo più intenso, sia del tempo che può rendere opachi alcuni aspetti dell’esperienza.

Quindi ciò che noi ricordiamo non è più l’esperienza reale, ma è solo il ricordo.

Purtroppo quando cerchiamo di prevedere il futuro e interpretiamo come le cose, che abbiamo già provato, ci faranno sentire di nuovo, ci basiamo su il Sè sbagliato, cioè su quello che ricorda; invece dovremmo dare più importanza al “Sè che vive le esperienze”.

Ma perché commettiamo questo errore? Perché quest’ultimo sparisce subito, non esiste più quando ne abbiamo bisogno, rimane solo l’altro Sè al quale ci aggrappiamo per paura di cadere nel vuoto.


C’è un testo di Luhrmann, “Sunscreen”, che dice che preoccuparsi del futuro aiuta quanto masticare un chewing-gum per risolvere un’equazione algebrica. La verità è che vogliamo continuamente sapere cosa succederà e come ci sentiremo in futuro, quando è stato visto come questo sia inutile perché ci basiamo continuamente su qualcosa che non rappresenta la realtà.


Visto che l’unico momento che possiamo conoscere è il presente, non rimane che coltivarlo, fermarsi ad osservarlo e viverlo. E voi, continuerete a cercare di prevedere il futuro oppure farete una sosta?




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