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L'oggetto transizionale e la creatività


Bambino che guarda la luna con orsacchiotto
Bambino che guarda la luna con orsacchiotto

Tutti noi da bambini abbiamo stretto tra le mani un oggetto da cui difficilmente ci separavamo, ma cosa rappresenta davvero quell’oggetto?

Donald Winnicott, psicanalista e pediatra inglese, per identificare questi “possedimenti speciali” coniò il termine oggetti transizionali. Archetipicamente rappresentati da un orsacchiotto, da una coperta, o da un pezzo di stoffa, come spiega Aldo Carotenuto, questi oggetti sono il primo possesso ‘’non me’’ del bambino, non appartengono al suo mondo interno, ma allo stesso tempo non sono neanche al di fuori ogni controllo, come la madre reale. Difficilmente il bambino se ne separa proprio perché la loro funzione è quella di contenere l’angoscia che, ineluttabilmente viene esperita quando nell’infanzia si prova per la prima volta la disillusione, ovvero quando ci si affaccia alla realtà esterna.


Naturalmente nel corso dello sviluppo l’attaccamento affettivo verso questi oggetti va gradualmente scemando, ma lascia dentro di noi un’impronta indelebile, quella che Winnicott chiama spazio transizionale.

Lo spazio transizionale è il luogo dove il soggettivo e l’oggettivo si intrecciano, è lo spazio del gioco e del possibile, della sorpresa e dell’illusione, ed è qui che ha luogo l’esperienza creativa. La creatività è una modalità di essere e approcciarsi al mondo, è uno stato di vitalità che permette all’individuo di partecipare attivamente nel proprio contesto, di autodeterminarsi, di mettere in continua discussione quella che i tedeschi chiamano la Weltanschauung, creando una dimensione personale che si intreccia inevitabilmente con la realtà esterna ma che, allo stesso tempo, non si confonde, restando unica, permettendo all’individuo di vivere una vita che vale davvero la pena di essere vissuta.


In una società come quella occidentale, dove perfino le scelte e i comportamenti sono sempre più “automatici”, è necessario conoscere e ascoltare la voce di quel bambino che alberga in tutti noi, permettergli di giocare, di essere creativo e di esprimere a pieno il suo slancio vitale, riappropriandoci così del nostro naturale istinto creativo.

E voi ricordate il vostro “oggetto speciale”?




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