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Un banchiere dimenticato: John Law, truffatore o genio?



Se un osservatore casuale fosse passato per la Rue Croix-De-Petit-Champs il 22 maggio del 1720, sarebbe sicuramente scappato da Parigi il più in fretta possibile. La situazione era la seguente: una folla ostile, composta da migliaia di persone della più vasta estrazione sociale, radunata urlante davanti alla Banque Royale, sventolava banconote e tirava sassi contro le finestre, dietro le quali erano asserragliati gli impiegati della banca stessa. Ma cosa successe di preciso?

La causa di tutto ciò ha un nome: si chiama John Law, e per conoscere la sua storia bisogna fare un bel tuffo indietro di almeno 50 anni, partendo dalla vecchia Scozia.

John Law nacque a Edimburgo nel 1671 presso una famiglia di orafi. Questa attività ebbe un suo sviluppo nella Gran Bretagna de XVII secolo, la cui professione non solo era impiegata nell’esercizio dell’attività di oreficeria ma molti degli orafi in questione esercitavano una doppia professione in qualità di banchieri. Per le aziende orafe londinesi, infatti, la transazione di metalli preziosi era una pratica con­sueta che, a partire dal 1600, veniva abitualmente compensata con il rilascio di ricevute, pagabili a richiesta con monete d’oro o piastrine di metallo prezioso. Tali ricevute, garantite dal deposito del metallo, erano dei sostituti effettivi del denaro, che passa­vano tranquillamente di mano in mano come se fossero semplici banconote. Sin da piccolo John Law partecipò all'attività dell’azienda di famiglia e si abituò immediatamente all’uso delle cosiddette "banconote degli orafi", che verificò la loro praticità dell'utilizzo della cartamoneta.

All’indomani della morte del padre e al compimento dei suoi dodici anni, John Law ereditò il titolo di Barone di Lauriston; un notevole prestigio che consegnò, allo stesso barone, un’importante fortuna patrimoniale, tra cui due feudi da gestire. Seppur giovanissimo, Law prese in mano la situazione finanziaria dell'impresa familiare e contemporaneamente si dedicò agli studi matematici, in cui scoprì di essere particolarmente versato, concludendo la sua carriera nella Londra seicentesca. Una volta arrivato in città, la sua fama crebbe per le sue innumerevoli vittorie conseguite nel gioco di azzardo, che, grazie ai suoi astrusi calcoli matematici non solo la sua nomea si espanse in tutta l’aera londinese, ma causò senz’altro l’irritazione di molte persone.

E non di meno fu la sua attività sessuale con le molte donne sposate, che costò al nostro John ripetuti scontri e duelli. Tra questi, quello con Mr. Wilson, mise a repentaglio la vita di Law ben due volte: la prima durante lo scontro e, la seconda quale conseguenza della sua incarcerazione presso King’s Beach, da dove poi fuggì alla volta dell’Europa. Nel Vecchio Continente girò le varie corti europee e prese coscienza di una teoria che sarà scritta nella sua opera pubblicata nel 1707:Memoria per provare che una nuova specie di moneta può essere migliore dell'oro e dell'argento”, ove preconizzò la diffusione della circolazione cartacea come strumento auto-generante di ricchezza e lavoro. John Law intuì che il valore intrinseco della moneta stava alla fonte del desiderio di tesaurizzazione degli esseri umani, ottenendo quella consapevolezza tale in cui l’effettivo valore del risparmio costituisce invece un forte limite all'espansio­ne economica. Perciò, teorizzò la creazione di una moneta cartacea il cui valore venne rap­presentato e garantito dalla proprietà terriera che, all'epoca, era la principale e più sicura fonte di reddito.

Finalmente arrivato in Francia, si manifestò l’occasione che aveva sempre desiderato per tutta la sua vita e ciò accadde all’indomani della morte del Re Sole, Luigi XIV, nel 10 agosto del 1714 e con la conseguente salita al trono di Filippo d’Orleans.

La situazione francese

Ma in tutto questo com’era la situazione finanziaria francese? Analizziamola insieme.

I numeri, dopo la morte del Re Sole, erano i seguenti:

· USCITE: il Debito Pubblico, a causa dell’intervento militare massiccio nella guerra di successione spagnola, aveva raggiunto le 2 miliardi di lire, toccando un interesse annuo sul Debito pari a 90 milioni di lire.

· ENTRATE: le risorse disponibili, derivanti da entrate fiscali, erano finite da tre anni.

La situazione era così tragica che Noialles, capo del consiglio della finanza prima di Law, dichiarò:

Abbiamo trovato il patrimonio della corona dissestato, entrate statali praticamente annullate da un’infinità di oneri e pagamenti, la tassazione ordinaria esaurita in anticipo, arretrati di ogni genere accumulati nel corso degli anni, ordinanze e allocazioni anticipate di titoli così varie nell’ammontare e a somme tanto alte che si può a stento calcolarle”. In poche parole, la Francia era pronta a dichiarare il default.


In questo periodo di delicata crisi, Law propose la sua idea all’allora Reggente, mostrando come unica via di salvezza la possibilità di istituire una banca che stampasse cartamoneta garantita dall’oro e finanziata dallo stato. La situazione non era tuttavia semplice. Fin dall’inizio, l’unico appoggio del nostro economista era quello del Duca di Orleans . Infatti, sia l’intera corte francese che i banchieri parigini, reputavano John un folle per via dell’incredibile influenza che esercitava sullo stesso reggente: molti di loro erano timorosi di perdere buona parte del loro monopolio se si fosse autorizzata una banca di stato. Lo disprezzavano al tal punto da far rimanere in disparte il suo piano, e, al suo posto, fu Noialles a curare i conti pubblici. Risultato? Pochi mesi dopo fu chiaro che le tradizionali operazioni di politica fiscale esercitate dallo stesso Noialles, che consistevano in: nuove tasse, tagli alla spesa e aumento del valore nominale della moneta (la cosiddetta moderna “austerità”), furono totalmente inefficaci da produrre quella che gli economisti moderni definiscono: stagflazione. In uno scenario disperato di crisi economica e sociale, il reggente decise di abbandonare ogni dubbio e affidò il futuro economico al giovane genio. Nel maggio del 1716, John Law, ottenne la concessione governativa per inaugurare la sua nuova istituzione: la Banquè Générale.


La nuova istituzione irruppe tiepidamente nel panorama finanziario francese dell’epoca. Il basso interesse degli investitori, che comprarono solo un quarto delle azioni emesse, e il pagamento mediante quella carta straccia che erano i titoli di stato francese* resero l’inaugurazione un mezzo fiasco. Alla fine di maggio, il capitale della banca ammontava a sole 800.000 lire francesi. In altre parole? Sottocapitalizzata, ridicolizzata e privata della fiducia pubblica, la banca di Law doveva lottare per sopravvivere. Già, ma come? Con il solo modo possibile da sempre nella storia: la pubblicità. Law si fece amico tutta la nobiltà di corte francese per fare in modo che tutti i loro depositi alla sua banca avvenissero in pieno giorno e nella maniera più appariscente possibile. Inoltre, offrì al pubblico una varietà allettante di servizi bancari gratuiti, ad esempio come: la possibilità di cambiare valuta gratuitamente oppure l’applicazione del trasferimento di denaro da Parigi verso la provincia ad un costo relativamente basso. Con il nuovo afflusso di capitali, Law iniziò finalmente a emettere banconote, le quali erano garantite dalla banca e potevano essere convertite in oro in qualsiasi momento, al valore pari all'ammontare di oro contenuto nella moneta metallica al tempo della emissione della banconota (i.e. valore di emissione). In questa maniera le banconote non solo diventavano più convenienti nel loro utilizzo, ma inoltre non erano affette da svalutazioni della moneta, cioè se anche la moneta avesse diminuito di valore, la quantità di oro garantita dalle banconote sarebbe rimasta invariata. Il colpo finale avvenne nel momento in cui, il nostro finanziere convinse il reggente a ordinare agli esattori delle imposte di rimettere allo Stato i soldi raccolti dal popolo solo in banconote della Banque Generale**. Tempo 18 mesi e la banca aveva già pagato dividendi semestrali del 7% e le banconote di Law circolavano in tutta la Francia, aumentando il volume dei commerci e la ripresa economica. Ma il giovane scozzese era un uomo ambizioso e subito dopo aver inaugurato la sua banca, si lanciò in una nuova e ardita avventura economica: costruire una società. Tale società fu progettata sulla base del modello di riferimento inglese: la Compagnia delle Indie Orientali, con l’obiettivo di sfruttare le ricchezze della nuova colonia francese in America, la Luisiana.



Essa all’epoca era un territorio vastissimo (si estendeva dalla foce del Mississippi per 300 miglia verso nord fino al Canada) inesplorato e abitato solo da tribù indiane ma che, nel cui suolo, si mormorava fossero presenti immensi filoni d’oro e d’argento. Il piano di Law era geniale: la società sarebbe stata una società per azioni il cui capitale iniziale, di 100 milioni di lire, sarebbe stato ottenuto mediante la vendita di 200.000 azioni composte dal valore di 500 lire ciascuna; inoltre, per convincere il reggente a sostenerlo e a cedergli il monopolio dello sfruttamento della colonia, le azioni avrebbero potute essere comprate interamente usando titoli di stato Francesi e la compagnia avrebbe richiesto su questi titoli un tasso di interesse molto più basso alla Corona rispetto a quello nominale. Insomma, l’obiettivo di Law consisteva sia nel proporre un risparmio importante di soldi al governo francese, sia la ristrutturazione del suo debito in cambio di un territorio sconosciuto come quello della Luisiana. Perciò, nell’agosto del 1717 fu fondata la Compagnia delle Indie Occidentali, meglio detta come Compagnia del Mississippi. Inizialmente le azioni ebbero poco successo ma Law, attraverso la pubblicità come strumento di promozione, investì 2 milioni e mezzo di lire di tasca sua e si impegnò per l’acquisto di ulteriori 25 milioni di lire di azioni.


La follia speculativa


Quale fu il risultato? L’esito di tutto questo fu un'altra volta strepitoso: il popolo parigino e la corte, convinti che Law avesse conoscenze dall’interno e fosse sicuro dell’oro in Luisiana, iniziarono a comprare azioni su azioni: da 500 lire nel 1717 arrivarono a valere 5000 lire a settembre nel 1719, fino a salire, nel dicembre dello stesso anno, oltre le 10000 lire, toccando persino un massimo storico di 15000 lire. Insomma, nei due anni tra il 1717 e il 1719, si scatenò una vera e propria follia speculativa in tutta Parigi. Le azioni furono scambiate nell’antico cuore commerciale della città, nell’attuale zona vicino al centro Pompidou, dove fu inondata dalla moltitudine di persone che si recarono a comprare e a vendere azioni, causando, inoltre, una forte paralizzazione delle vie antistanti alla zona, che fu successivamente chiusa al traffico di carrozze innalzando dei cancelli per arginare l’immensa folla di persone. La follia speculativa provocò anche un altro effetto: uno straordinario numero di abitanti provenienti dai ceti più bassi si arricchì in maniera eccezionale, speculando sulle azioni del Mississippi. La mobilità sociale divenne così rapida che persino Voltaire affermò: “Law è un dio, un furfante o un ciarlatano che avvelena sé stesso con la droga che distribuisce a tutti?.


Non solo, molti giornali e le memorie dell’epoca giunte fino a noi sono pieni di storie basate sulle forme di arricchimento dei “mississippiani”, in cui dalla sera alla mattina erano passati da uno status sociale povero ad uno status sociale ricco, come ad esempio il cocchiere dello stesso Law. Sembra che lui diventò così talmente ricco da presentare le dimissioni al suo padrone, assumendo a sua volta persino altri due cocchieri, di cui uno per sé e uno per Law. In sintesi, l’umore prevalente a Parigi in quei giorni, si possono riassumere attraverso le parole di Elisabetta Carlotta del Palatino, madre di Filippo d’Orleans:


“E’ inconcepibile quale immensa ricchezza ci sia oggi in Francia. Tutti parlano di milioni. Io non ci capisco nulla, ma vedo con chiarezza che il dio Mammona regna a Parigi da sovrano assoluto”.


Ma mentre Parigi diventò una città stregata dalle mani di Law, che divenne a sua volta celebrità internazionale, accadde un piccolo evento, all’apparenza quasi insignificante, ma che starà alla base del futuro tracollo; nel dicembre del 1718 la Banque Générale diventò Banque Royale, cioè passò da una forma di banca privata a una forma ufficiale di banca di stato. Tutte le azioni vennero ripagate dallo stato agli azionisti e Law fu assunto nel ruolo di governatore della banca, come se fosse una Christine Lagarde dell’epoca.



Pochi si accorsero dei pericoli derivanti dal nuovo stato giuridico della banca: fino a quel momento Law aveva controllato con attenzione il numero di banconote emesse e, con attenta premura, aveva tenuto una riserva monetaria di circa il 25% rispetto alle banconote in circolazione. Ma quando la banca diventò di proprietà della Corona, non avendo più azionisti pronti a fare domande importune, l’istituzione divenne meno controllabile e poco sicura. Infatti, l’emissione e la quantità di banconote stampate, nonché l’ammontare delle riserve stesse, sarebbero state decise dal Reggente e dai suoi consiglieri, senza alcun controllo tecnico/finanziario. La tentazione di stampare moneta in quantità eccessiva e troppo rapidamente sarebbe stata quasi incontrollabile. Un altro piccolo cambiamento si verificò il mese successivo quando venne stabilito che non si potevano più cambiare le banconote con il valore della moneta alla data di emissione, ma secondo il valore nominale,(i.e. il valore attuale in oro della moneta) che sarebbe cambiato insieme con quello delle monete metalliche in caso di svalutazione della lira. Così il principio cardine su cui si fondava Law, cioè la fiducia del pubblico data dalla stabilità della cartamoneta, era stato violato. Ma nessuno al momento sembrò preoccuparsi e il reggente silenziosamente incominciò a stampare enormi ammassi di moneta, la maggior parte del quale venne speso per comprare azioni, il cui valore si mantenne in costante crescita per tutto il 1719. Per tranquillizzare Law, fu ricoperto di onori: venne eletto membro dell'Accademia delle Scienze, a cui furono dedicati numerosi poemi in suo onore, ottenendo persino i complimenti dal Re Giorgio d’Inghilterra e dalla nativa Edimburgo, dove giunsero per lui oggetti di valore e diplomi.


Tutto sembrava andare alla perfezione fino al momento in cui, nei primi mesi del 1720, il pubblico si accorse di due fenomeni: il primo che la Luisiana non fosse l’Eldorado promesso, e che quindi le azioni della compagnia del Mississippi non rispecchiassero il suo effettivo valore ma fossero drogate dall’immenso ammasso di moneta messo in circolazione nell’ultimo anno. I sospetti sulla floridità della colonia nacquero a partire dal 1719, anno in cui John Law non trovava più nessun cittadino volontario a diventar colono e fu costretto, grazie a un editto del reggente, ad assoldare un esercito di mercenari per deportare forzatamente vagabondi e criminali in Luisiana. Il secondo fenomeno, invece, fu nel verificarsi del più classico evento legato all’aumento di moneta, studiato dall’economia moderna come: l’inflazione. Infatti, il sistema funzionava finché l'incremento delle banconote si riversava nell'acquisto di azioni (circuito moneta-azioni) ma dal momento in cui alcune di esse incominciarono a essere spese nell’economia reale, l’inflazione esplose. In soli due mesi i prezzi salirono del 25% e la fiducia, o per meglio dire la credulità, nella cartamoneta divenne sempre più fragile. Law si accorse quindi che il valore delle azioni continuava a salire soltanto perché la gente credeva che lo avrebbe continuato a fare e non perché si aspettasse reali ricchezze dall’investimento in Luisiana. Tutto questo portava a una spirale di continuo aumento della cartamoneta circolante a discapito delle riserve, e allora decise di porre un freno a ciò per evitare il collasso.


La fine di John Law


Come prima soluzione, Law, fu nominato ministro delle finanze dal Duca d’Orleans. Pochi giorni dopo, il 28 gennaio emanò un editto in cui proibiva l’esportazione delle monete e di metalli preziosi, e a distanza di poco tempo obbligò il popolo francese a ricorrere alle banconote per pagamenti superiori a 100 lire, aggiungendo come pena la tortura di morte. Ma ciò non fece che aggravare ancora di più il fenomeno ormai in atto della svalutazione della cartamoneta e della fuoriuscita dalla banca dell’oro e argento. Come seconda soluzione fuse la Banca Royale con la Compagnia del Mississippi in un'unica società, in maniera da ridurre le azioni in circolazioni, visto che le azioni reali furono ricomprate dalla corona stessa, smettendo di emettere azioni. Ovviamente il risultato fu tragico e il prezzo delle azioni crollarono in una settimana del 50%. La fine era ormai vicina e anche il Reggente, per evitare contraccolpi politici, abbandonò lo stesso Law. Orfano dell’appoggio politico e ormai davanti ad un inevitabile crollo totale dell’economia, Law ricorse all’ultima misura estrema: abolire completamente le monete d’oro e di argento in circolazione, dato che ormai non era più possibile riequilibrare il rapporto tra cartamoneta e monete stesse. Questo fu decisamente un passo troppo lungo per la Francia e per la storia. Durante tutto questo periodo di instabilità, nonostante ogni giravolta politica e finanziaria, Law aveva rigidamente mantenuto immutato il valore nominale della cartamoneta e il tasso di cambio.



Ora, accantonando questo principio e introducendo il corso forzoso delle banconote (i.e. non convertibilità delle banconote) Law apparse al pubblico come un ciarlatano. Il 21 maggio egli annunciò che da dicembre il valore delle azioni comprate a 9000 lire sarebbero state soltanto di 5000 lire, e questo fu la classica gocciolina che fece traboccare il vaso. Il giorno dopo, il 22 maggio, la folla assaltò il palazzo.


Quello che accadde dopo è mera cronaca: 12 giugno, per far fronte alle crescenti richieste di rimborso, il Reggente ordinò che in banca venga cambiato solo un biglietto a persona, ma nei giorni precedenti i potenti della Corte - preavvertiti dal Duca - razziarono gran parte delle monete d 'argento.

Già nella notte si formarono code interminabili. Dopo la seconda settimana digiugno, nei tumulti fuori dalla banca morirono decine di persone. Il 17 luglio la Banca sospese i pagamenti. Il 30 agosto, per ritirare i biglietti, il Tesoro emise titoli di rendita per quattro miliardi, ma l'inflazione era giunta ormai alle stelle. Una folla diinvesti­tori rovinati si aggiravano per Parigi e minacciavano sia la Banca che istituzioni regali. I membri della Corte suggerirono al Reggente l'unica soluzione atta a evitare una dramma­tica sommossa: trovare un responsabile a cui addossare la colpa del tracollo. I primi di dicembre ilReggente suggerì a Law di lasciare momentaneamente la Francia e di aspettare che le acque si fossero calmate per attendere un suo richiamo nei più alti incarichi. John Law lasciò Parigi il 13 dicembre del 1720 e si stabilisce a Bruxelles, da dove invia al Reggente moltissime lettere e relazioni sul suo operato, dimostrando la sua rettitudine. Da quel giorno li, non rivedrà mai più la Francia e verrà additato dal reggente come unico responsabile del grande crollo. Morirà a 58 anni a Venezia, solo con suo figlio nel 1729. Dopo la sua scomparsa e il crollo del suo sistema di moneta cartacea, si ebbe il ritorno a un rigido sistema metallico ma l’effetto prodotto dal suo operato rimase indelebile. Infatti, Law, avendo generato un’inflazione galoppante, dimezzò il debito complessivo della corona e in tal modo attenuò anche il carico fiscale complessivo: i Borboni, grazie a lui, si trovarono un economia che funzionava meglio e con meno debito, permettendogli di sopravvivere ancora qualche generazione. Dall’altro lato moltissimi Parigini finirono in rovina e la sfiducia nella cartamoneta divenne così grande in Francia che le banconote rivedranno la luce solo durante la rivoluzione. Questa volta però, non più garantite dall’oro… ma dalla terra! Il sogno di Law era finalmente diventato realtà.



* per incentivare l’acquisto di azioni, Law aveva permesso l’acquisto del 75% delle stesse mediante gli svalutati titoli di Stato francese.

* *All’epoca le tasse non venivano raccolte direttamente dallo Stato, come ora, ma la loro raccolta era appaltata a privati i quali anticipavano le tasse di una determinata area geografica e poi avevano il monopolio della loro raccolta.


Per approfondire:

- Se alla pandemia si reagisce con i pieni poteri, ossia la risposta di Ungheria e Polonia al virus - https://www.passaporto-futuro.com/post/se-alla-pandemia-si-reagisce-con-i-pieni-poteri-ossia-la-risposta-di-ungheria-e-polonia-al-virus







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