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RINATURALIZZAZIONE FORESTALE

Autore: #VanniGenivi



Mai sentito parlare di selvicoltura sistemica e di rinaturalizzazione? Per spiegare di cosa si tratta, focalizziamoci su un patrimonio diffuso su circa 1/3 del nostro paese, ovvero le foreste. La selvicoltura è la disciplina che le regola, da secoli ormai, ed è in continua evoluzione. Purtroppo, con l’avanzare dei cambiamenti climatici, ci stiamo rendendo conto di come i nostri boschi siano fragili, incapaci di resistere efficacemente ad eventi come la tempesta Vaia, che nel 2018 ha colpito tutto il nord-est della penisola, abbattendo milioni di piante. Le cause di questo ingente danno sono molte, ma proprio la selvicoltura ne è direttamente responsabile.


Questo perché fino a pochi decenni fa, si considerava il bosco come una macchina per la produzione di legno. Questa linea di pensiero ha portato come conseguenze l’impoverimento del suolo, la perdita di biodiversità, oltre che un aumento dell’esposizione delle piante a malattie, e a causa della elevata densità, alle catastrofi come Vaia.


La selvicoltura sistemica, nata ad inizio del millennio, ha come obbiettivo quello di valorizzare le altre funzioni che un bosco assolve, come quella turistica, o di regimazione delle acque, mettendo in secondo piano quella produttiva e proponendosi come soluzione al problema creato con la gestione classica. Lo fa tramite la rinaturalizzazione, meccanismo che consente ad un bosco, col tempo, di cambiare la sua composizione, da monospecifico a misto, con interventi di taglio minimi e solo per asportare eventuali alberi malati o danneggiati, lasciando al bosco stesso il compito di ricostituirsi per numero e varietà di specie al suo interno. In futuro questa gestione sarà molto importante, poichè è già stato dimostrato come i boschi misti siano più resistenti e stabili di quelli artificiali che siamo abituati a vedere, e che sono i primi a venire danneggiati da eventi simili a Vaia.


Ma sarà sufficiente per mitigare gli effetti di eventi meteorici così importanti in futuro? Come lo si può conciliare con l’economia di un settore che solo in Italia vale decine di miliardi di euro?



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